VII
Caratteri speciali degli uomini di genio che furono, nello stesso tempo, alienati.

Se noi, poi, analizziamo, per bene, la vita e l'opere di quei grandi ingegni malati, di cui rumoreggia la storia, troviamo come essi distinguansi, per nettissimi tratti, dagli altri genî, che percorsero, netta d'ogni follia, la grandiosa parabola della lor vita.

1.° Questi genî alienati non hanno, infatti, pressochè punto carattere. - Il carattere intero, completo, che mai non piega per soffiar dei venti, è il distintivo degli uomini di genio, e basti citare Dante, Spinoza e Colombo.

Invece il Tasso declama contro le corti, eppure fino all'ultima ora, ritorna a mendicarne gli scarsi favori. - Cardano s'accusa egli stesso di bugiardo, maldicente e giuocatore. - Rousseau, pur sì sensibile, lascia nell'abbandono la più tenera e benefica amica; fa getto de'suoi figliuoli; calunnia gli altri e sè stesso, e si fa tre volte apostata della religione cattolica, della protestante, e di quella dei filosofi.

Swift, ecclesiastico, scrive l'osceno canto degli amori di Strafone e Clöe, denigra la religione onde era dignitario; demagogo, propone la carne umana come succedaneo del pane; orgoglioso fino al delirio, si trascina nelle bettole fra gli scozzoni.

Lenau, credente fino al fanatismo nel Savonarola, si mostra, negli Albigesi, scettico fino al cinismo; lo sa, lo confessa, e ne ride.

2.° Il genio sente sé stesso, si apprezza e non possiede, certo, la fratesca umiltà; tuttavia l'orgoglio, che cuoce entro quei cervelli malati, supera la misura del vero e del verosimile. - Tasso e Cardano, copertamente, e Maometto, apertamente, dichiarano di essere inspirati da Dio; le più lievi critiche, quindi, alle loro opinioni sono mortali persecuzioni.- Cardano scrive di sè: "natura mea in extremitate humanae substantiae conditionisque et in confine immortalium posita" (De Vita propria).- Di Newton si disse che sarebbe stato capace di uccidere i suoi contradditori scientifici. - Rousseau crede tutti gli uomini, e, qualche volta, gli elementi, congiurati contro di lui.- E forse, perciò appunto, noi vedemmo quasi tutti questi grandi infelici rifuggire dal consorzio degli altri uomini.- Swift umilia e beffeggia i ministri, e scrive ad una duchessa, desiderosa di conoscerlo, che gli uomini, quanto più sono alti, tanto più debbono abbassarsi innanzi a lui.- Lenau aveva ereditato dalla madre l'orgoglio patrizio, e nel delirio si credette re d'Ungheria.

3.° Alcuni di questi infelici diedero segni, stranamente precoci, del loro genio.- Tasso a 6 mesi parlava, a 7 anni sapeva di latino.- [Da qui il testo è lacunoso ed è stato pertanto integrato dal testo della precedente edizione] Lenau, da bimbo, improvvisava prediche commoventissime e suonava stupendamente il piffero ed il violino.- Cardano a otto anni aveva apparizioni e rivelazioni del Genio.

Ampère a 13 anni era matematico. Pascal, da ragazzo, indovinava e spiegava astrusi teoremi geometrici. Haller a quattro anni predicava, a cinque divorava libri.

4.° Molti di essi abusarono, stranamente, dei narcotici, o delle sostanze inebbrianti nervose. Haller inghiottiva enormi dosi di oppio. Tasso era un bevitore famoso; Lenau pure negli ultimi anni era smodato consumatore di vini, caffè e tabacco.- Cardano si confessava instancabile bevitore, e Swift era il più assiduo frequentatore delle taverne di Londra.- Foe era dipsomaniaco, come l'erano Nerval, Southey, ed Hoffmann.- Rousseau era sì ghiotto di caffè, che lasciava aperte le stanze quando lo si faceva abbrustolire dai vicini.

5.° Quasi tutti, poi, questi grandi presentarono, anche, anomalie nelle funzioni riproduttrici. Tasso fu di esagerata libidine nella giovinezza, di rigida castità dopo i trentotto anni; viceversa Cardano, impotente da giovine, a trentacinque, si fa libidinosissimo.- Pascal, sensuale nella prima gioventù, più tardi crede fin delittuoso il bacio materno.- Rousseau era affetto da ipospadia e spermatorrea. - Newton e Carlo XII non sacrificarono mai, per quanto si sappia, a Venere Afrodite.- Lenau scriveva: "io ho la penosa convinzione di essere improprio al matrimonio (Shurz, I).

6.° In luogo di amare la solitudine tranquilla del gabinetto, essi non ponno, mai, posare in alcun sito e devono viaggiare continuamente. Lenau passa da Vienna a Stokerau, al Gmunden, ed emigra fino in America;- "Io ho bisogno, dicea egli, di mutar clima ogni tanto per rinfrescare il sangue" (Schurz, p. 283). Tasso pellegrina continuamente da Ferrara ad Urbino, a Mantova, a Napoli, a Parigi, a Bergamo, a Roma, a Torino. Rousseau, Cardano, Cellini si fermano ora a Torino, ora a Parigi, ora a Firenze, ora a Roma, ora a Bologna, ora a Losanna. "Il cangiar di luogo, dicea Rousseau, è per me un bisogno. Nella bella stagione mi è impossibile rimanere più di due o tre giorni in un sito senza soffrire" (gennaio 1765).

7.° Essi mutano anche più volte di carriera e di studî, quasi il prepotente ingegno non potesse trovar posa ed isfogo in una sola scienza. -Swift, oltre le poesie satiriche, scrisse sulle manifatture dell'Irlanda, sulla teologia, sulla politica e sulla storia della regina Anna.- Cardano fu ad un tempo matematico, medico, teologo e letterato.- Rousseau era pittore, maestro di musica, ciarlatano, filosofo, botanico e poeta.- Tasso toccò tutti i generi e tutti i metri della poesia epica, drammatica, didattica, e volle anche dettare di storia, di filosofia e di politica.- Ampère maneggia da giovane il pennello, il violino, la cetra, ed è ad un tempo linguista, naturalista, fisico e metafisico.- Newton e Pascal, nei momenti d'aberrazione, abbandonano la fisica per la teologia.- Haller scrisse di poesia, di teologia, di botanica, di medicina pratica, di fisiologia, di numismatica, di lingue orientali, di anatomia patologica e di chirurgia, e studiò perfino matematica sotto Bernouilli.- Lenau coltivò la medicina, l'agricoltura, il diritto, la poesia e la teologia.- Walt Whitman, il poeta dei moderni Anglo-Americani, è certamente un genio alienato, fu tipografo, maestro, soldato, legnaiolo, e per qualche tempo anche burocratico, che per un poeta è l'officio più singolare.

8.° Quelle menti energiche, terribili, sono i veri pionner della scienza, si cacciano innanzi a corpo perduto, affrontano, avidamente, le maggiori difficoltà, come quelle forse che meglio appagano la morbosa loro energia; colgono i rapporti più strani, i punti più nuovi e salienti.- Ampère cercava sempre nella matematica i problemi più difficili, gli abissi, come dice Arago. - Rousseau nel Devin du Village avea tentato la musica dell'avvenire, che poi ritentò un altro matto, lo Schuhmann.- Swift solea dire, che egli sentivasi a suo bell'agio, soltanto, quando poteva trattare le materie più difficili e più aliene dalle sue occupazioni; infatti nella sua lettera Sulle serve tu lo crederesti non più un teologo od un politico, ma un vero domestico. La sua Confessione d'un ladro parve dettata veramente da un ladro, così che i correi, reputandosi scoperti, si costituirono. Nelle predizioni di Bieckerstaf egli, cammuffato da cattolico, ingannava i santi inquisitori di Roma, forse non men tristi, più furbi, certo, dei ladri.

Walt Whitman è il creatore di una poesia, senza rima né ritmo, che si vuol vantare dagli Anglo- Sassoni come la poesia dell'avvenire, e che ha certamente un'impronta di strana e selvaggia originalità.

9.° Questi genî infermi hanno uno stile loro proprio, passionato, palpitante, colorito, che li distingue da tutti gli altri scrittori, forse perché non poteva organarsi se non sotto gli impulsi maniaci. Tant'è che tutti confessano non saper più comporre, e quasi pensare, fuori dei momenti dell'estro.- Tasso scriveva in una sua lettera: "Io sono difficile ed infelice in tutto, ma specialmente nel comporre" (Manso, Vita, p. 249). "Ho l'idea, confessa Rousseau, imbarazzata, lenta a nascere, a svilupparsi, né posso esprimermi bene che nei momenti di passione."- Gli esordî così eloquenti e vivaci dell'opere di Cardano, così differenti dal resto dei suoi monotoni libri, indicano quanto diverso fosse egli nei primi e negli ultimi momenti dell'estro.- Haller, che fu pure felice poeta, diceva tutta l'arte poetica consistere nell'esser difficile.- Pascal ricominciò tredici volte la sua XVIII Lettera provinciale.

Forse appunto questa analogia di natura e di stile spingeva Swift e Rousseau a prediliger il Tasso, ed Haller, il severo Haller, ad amare il fantastico e immoralissimo Swift, ed Ampère ad inspirarsi alle bizzarrie di Rousseau.

10.° Quasi tutti costoro, poi, sono preoccupati, dolorosamente, da dubbî di religione, cui suscitava la mente, e combatteva, come delitto, la paurosa coscienza, ed il cuore ammalato.- Tasso era tormentato dalla paura d'esser eretico.- Ampère diceva sovente i dubbî essere la peggiore tortura dell'uomo.- Haller lasciò scritto nel suo giornale: "Mio Dio, dammi, dammi una stilla di fede; la mia mente crede in te, ma il mio cuore si rifiuta; questo è il mio delitto."- Lenau ripeteva negli ultimi anni: "Nell'ore in cui il cuore mio sta male, l'idea di Dio mi vien meno." L'eroe infatti del suo Savonarola è il dubbio (Schurz, I, 328), e l'ammettono ormai tutti i suoi critici.

11.° Tutte quante, poi, queste grandi menti alienate s'occupano e preoccupano, molto, del proprio io, e conoscono e proclamano, alle volte, la propria malattia e quasi sembrano, confessandola, trar conforto dal suoi inesorabili colpi.

Era natural cosa, ch'essi, grandi uomini, e quindi grandi osservatori, finissero per avvertire anche le proprie crudeli anomalie e restassero colpiti dallo spettacolo del proprio io, che loro, in sì dolorosa guisa, si parava dinanzi. Tutti gli uomini, in genere, ma i matti più che tutti, amano parlare di sé medesimi, ed in questo argomento diventano eloquenti (come abbiamo veduto nell'autobiografia del calzolaio Farina); ora tanto più devono riescirvi coloro in cui il genio s'accoppia e vivifica colla mania. Si hanno, allora, quegli scritti maravigliosi di passione e di dolore - monumento di poesia frenopatica, in cui dovunque spicca la grande ed infelice persona dello scrittore!- Cardano ci dettava la sua vita, ed i poemi sulle sue sciagure, e l'opera De Somniis, quasi tutta composta dei suoi sogni e delle sue allucinazioni. - I poemi del Whitman sono la versificazione dell'io. "Piccolo è il tema dell'inno, ma è il più grande di tutti... me stesso. "In quell'inno dipinge un bimbo che appena vedea un oggetto, esterno, nuvola, pecore, pietre, vecchi ubbriachi, si identificava con quell'oggetto, si figurava esser diventato egli stesso una nuvola, una pietra; e quel bimbo è lui stesso.- Rousseau, nelle sue Confessioni, nei suoi Dialoghi, nelle sue Reveries, non fa che dipingere minutamente sé medesimo e la propria follia.- Pascal, cui il delirio traeva ad esagerata umiltà, Pascal che diceva il cristianesimo sopprimere il me, non poteva lasciar scritta la propria vita, eppure anch'egli lasciò traccia delle sue allucinazioni nel celebre Amuleto, e nei suoi Pensieri dipinse e descrisse finamente sé medesimo sotto specie d'altrui; e certo a sé stesso alludeva, scrivendo: "Che l'estremo ingegno è prossimo all'estrema follia, e che gli uomini sono tanto matti, che sarebbe già un matto di nuova specie chi non lo fosse;" e quando avvertiva: "Che le malattie ci guastano il giudizio e il senso; e se le grandi l'alterano sensibilmente, anche le piccole non possono, in giusta proporzione, non influirvi; e che gli uomini di genio hanno, sì, la testa più elevata, ma i piedi più al basso dei nostri; e sono tutti allo stesso livello, e s'appoggiano sulla stessa terra, come noi, come i bimbi, come le bestie."

Haller, nel suo Tagebuch nota minutamente i proprî delirî religiosi, giorno per giorno, e spesse volte vi confessa aver mutato di carattere, in ventiquattr'ore, e d'essere stordito, impazzito, perseguitato da Dio e beffato e sprezzato dagli uomini.

Swift, nella sua Letter to a very young Lady, ritrae, giorno per giorno, la propria vita e confessa la propria follia con queste ben chiare e precise espressioni: "In tutto il corpo umano si esalano vapori che vanno al cervello, che se sono poco abbondanti lasciano l'uomo sano, se troppi lo esaltano, lo trasformano in filosofo, in politico, in fondatore di religione, cioè in matto; perciò si ha gran torto di rinchiudere tutti i pazzi a Bedlam. Una Commissione dovrebbe andarli a scegliere e mettere a profitto della società i genî che vi son maltrattati; le erotiche convertire in prostitute, dei matti furiosi far dei soldati, ecc. Io stesso, soggiunge, ne sono una prova, essendo un uomo a cui le fantasie rompono spesso il freno, e sono assai disposte a fuggire colla ragione, la quale assai facilmente cade di arcione; per cui i miei amici non mi lasciano mai solo, se non prometto loro di scaricare, in altro modo, le idee."

Lestzmann, che più tardi si gettava d'una finestra, scrisse il celebre Diario di un melancolico (1834); così come Maylath, dopo aver dipinto i proprî dolori nel Suicida, si annega, insieme alla sorella, a cui avea dedicato il funesto romanzo.

Tasso, nella lettera al duca d'Urbino e nell'ottava poco sopra trascritta, dipinse chiaramente la propria follia; Francesco, ei ripete altrove:

Francesco, inferma, entro le membra inferme
Ho l'alma...

E bene gli è curioso, che egli, tanto tempo prima di cadere negli accessi maniaci, avesse dettate queste parole: "Comechè non neghi di esser folle, mi giova credere che la mia follia sia cagionata da ubbriachezza o da amore, perchè so bene, io, che soverchiamente bevo, ecc." (III r.)

Lenau, già dodici anni prima di soccombere, sotto i colpi della mania, l'avea presentita e dipinta.- Tutti i suoi poemi pennelleggiano, a colori dolorosamente vivaci, le tendenze suicide e lipemaniache: il lettore potrebbe giudicarlo dai titoli soli delle sue liriche: Al melancolico, All'ipocondriaco, Il pazzo, I malati dell'anima, La violenza del sogno, La luna di un melancolico.

Nè io credo che nelle più funeree pagine di J. Ortis tu possa trovare così bene colorite e pennelleggiate le tendenze suicide, quanto in questo squarcio del Seelenkranke: "Io porto nel cuore una ferita profonda e la voglio portar muta fino alla morte; - la vita mi si frange di ora in ora. Una sola persona potrebbe consolarmi, una sola v'avrebbe, al cui seno potrei singhiozzare e sfogarmi. Ma quell'una giace nel fondo del sepolcro...- O madre mia, lasciati commovere dalle mie preci; se il tuo amore veglia ancora nella morte, se ti è lecito ancora aver cura del tuo bimbo... Oh! lasciami uscire presto dalla vita. Io desidero una morta notte. Ah! aiuta una volta il tuo stanco figliuolo a svestirsi del suo dolore." - Il suo Traumgewalte è, come già accennammo, una dipintura, terribilmente vera, di quella allucinazione, che precedette od accompagnò il primo accesso maniaco-suicida; e ivi il lettore, accorto, può già sorprendere quella sconnessione, quella frammentazione delle idee e delle frasi, che è propria del delirante paralitico.

Eccone un brano: "Il sogno fu sì terribile, fu sì selvaggio, sì spaventoso, ch'io vorrei potermi dire che non feci che sognare...; ma pure io continuo a piangere, e sento che mi batte il cuore; mi sveglio ed ecco trovo le lenzuola e il cuscino bagnato...- In sogno, forse, io le strappai e m'asciugai il viso?... Nol so... Mentre dormiva i nemici ospiti hanno gozzovigliato qui...- Or son via quei selvaggi, son via, ma nelle mie lagrime ne trovo le impronte.- Fuggirono e lasciarono sulla tavola il vino, ecc." (pag. 173). Già molto prima negli Albigesi lasciò scappare alcuni versi che alludono all'impressione terribile che su lui facevano i sogni: "Terribile è sovente la possa dei sogni; essa scuote, addolora, preme, minaccia, e se il dormente a tempo non si desta... in un batter d'occhio è cadavere" (1).

(1) Anche Nathaniel Lee, che fu detto il poeta matto, e fu lungo tempo a Bedlam, nei suoi poemi dipinge minutamente i matti di genio; per esempio, in quello di Cesare Borgia:

Like a poor lunatic that makes his moaon
And for a while beguiles his lookers on,
He reason well. His e yes their wildness lose
Re vows the kepers his wronged sense abuse
Bu if you hit the cause that hurts his brain
Then his teet ghash, he foams, he shakes his chain.

Vedi WINSLOW, Obscure diseases of the brain, ecc., p. 210, Londra, 1863.

12.° La traccia precipua dei delirî di quei grandi si trova, poi, nella compage stessa delle loro opere e dei loro discorsi, nelle deduzioni illogiche, nelle assurde contraddizioni, nelle disumane e bizzarre fantasie.- Così Socrate era alienato quando, dopo aver quasi divinata la morale di Cristo e il monoteismo giudaico, dirigeva i suoi passi a seconda di uno sternuto o a seconda delle voci e dei segni del suo Genio imaginario.- Così Cardano, che avea prevenuto Newton nello scoprire le leggi della gravità e Dupays nella teologia, Cardano che nel libro De Subtilitate (CXVIII) spiega come allucinazioni i sintomi strani e portentosi degli ossessi ed anche di alcuni beati abitatori degli eremi, e li paragona ai deliranti per la quartana, Cardano era alienato quando attribuisce ad un genio, non solo le ispirazioni scientifiche, ma lo scrosciare del suo tavolo, il tremolìo della penna; e vi dichiara di essere stato, più volte, stregato, e vi detta quel suo libro Sui sogni, che parla al psichiatro come una pseudo-membrana parlerebbe al patologo.- Ivi da prima egli espone le più giuste e curiose osservazioni sui fenomeni del sogno, per esempio, che i grandi dolori fisici vi agiscono con minor energia, e con maggiore i leggieri, fatto recentemente confermato dai psichiatri, che i pazzi sognano moltissimo; che nel sogno come nella scena in brevissimo spazio si percorrono serie lunghissime d'idee; finalmente (e l'osservazione è piena di vero), che gli uomini tengono sogni o analoghi affatto, o affatto contrarî alle proprie abitudini. E dopo sì lucidi tratti di genio ei ti rinnova una delle più meschine e più assurde teorie dell'antica plebaglia, secondo le quali il più lieve accidente del sogno deve essere rivelatore d'un futuro più o meno lontano. Ei detta, quindi, colla convinzione più sincera, un infelice dizionario, identico nella forma, come nell'origine veramente patologica, a quei libriccioli di cabala, che si gettano, unica e calcolata pastura, alla povera plebe; ogni oggetto, ogni parola, che può cadere nel sogno, vi è legata ad una serie di allusioni, che devono servire nell'interpretazione l'una per l'altra. Padre può significare autore, marito, figlio, comandante. Piedi fondamenta della casa, arti, operai. Cavallo, apparendo in sogno, può significare fuga, ricchezza, moglie. Calzolaio e Medico valgono l'uno per l'altro! Insomma non è l'analogia dei fatti che vi prevale, ma quella delle parole, dei suoni, che più...! delle rime. Orior e morior hanno un pronostico uguale, perchè "una tantum litera cum differantur, vicissim, unum in alium transit." Ti prende compassione della natura umana e di te stesso quando ei, raccontando che un cavaliere sofferente di calcoli se sognava di cibi era preso il dì dopo dal male, e se di materie indigeribili, il morbo gli durava più a lungo, soggiunge: "cibos enim ac dolores degustare dicimus," come se la natura bisticciasse in latino, ei che aveva divinato quelle stupende teorie, cui accennammo sulle sensazioni dolorifiche nel sogno, e che medico, e non cieco medico, avea innanzi a sé le nette simpatie del plesso solare.

Anche Newton, quel Newton, che pesava i mondi colle bilancie del suo calcolo, era forse alienato quando si impiccioliva ad interpretare l'Apocalisse, o il corno di Daniel; certo lo era, poi, allora che scriveva a Benthley: "Colla legge dell'attrazione si comprende benissimo l'orbita allungata delle comete, ma quanto all'orbita quasi circolare dei pianeti, non vedo alcuna possibilità di ottenere il divaricamento laterale, e non può essere conseguìto che da Dio. "Singolar prova che, come ben dice Arago, sostituisce e pianta Dio nel posto di confine ove ancor non penetrava la scienza! Eppure, egli, il grande Newton, in una pagina dell'Ottica, s'era sbracciato contro coloro che, a modo degli aristotelici, ammettono qualità occulte nelle cose, arrestando, così, le indagini dei filosofi naturali senza concludere nulla. Infatti, un secolo dopo, La Place trovava la causa, vera, sfuggita al calcolo di Newton, ed ecco atterrata la illogica proposizione.

Ampère credette, sinceramente, aver trovata la quadratura del circolo.

Pascal, che pure, primo, avea studiato le leggi della probabilità, credette anch'egli che il contatto di una reliquia valesse a guarire d'una fistola lagrimale, e lo stampò in una sua opera.

Rousseau fa della sua maniaca selvatichezza il tipo ideale dell'uomo, e crede che ogni produzione naturale, dolce al palato od alla vista, possa essere innocua; cosicchè l'arsenico, secondo lui, non sarebbe dannoso. La sua vita è un complesso di contraddizioni; preferisce i campi ed abita in via Platonière; scrive un trattato di educazione e mette i suoi, o quasi suoi figli, all'ospedale; si mostra disinteressato, rifiuta le beneficenze e vende un biglietto per l'Opèra, donatogli, per 5 lire e 10 soldi; giudica con sagace scetticismo le religioni, e getta un sasso contro un albero per indovinar l'avvenire e giudicar della propria salute.

Walt Whitman certo era alienato quando dettava che per lui gli accusati valgono quanto gli accusatori, i giudici quanto i rei, e quando nei suoi poemi dichiara non poter render omaggio che alla virtù di una sola donna, e questa è una meretrice, e quando ei vi proclama che "dentro me la latitudine si allunga, la longitudine s'allarga; entro me sono i mari, lo spazio, il volume, la materia, l'Africa, la Polinesia," e quando per far professione di materialismo viene a narrarci che l'anima non è nel braccio, e nemmeno nel naso, nel mento, nei capelli, e perfino nel...

Lenau nella sua Luna dell'ipocondriaco vede, all'inverso di tutti i poeti, nella luna fredda, senz'aria, senz'acqua,- "il becchino dei pianeti; essa con un filo d'argento raggira, irretisce i dormienti, e li conduce a morte; essa col dito accenna, seduce i sonnamboli e consiglia il ladro." - Egli che da giovane non rare volte aveva scritto: "Esser il misticismo segno di demenza," spessissimo, massime nelle sue ultime canzoni, diede nel mistico.

Non v'è nel Corano un capitolo che si colleghi coll'altro; spesso, anzi, in una stessa surata, le idee sono interrotte od associate affatto a sproposito.

V'ha, dice Addison, parlando di Swift, della demenza in quella sua contemplazione dell'assurdo, in quel suo matematico che fa inghiottire i problemi al discepolo, in quel suo economista distillatore di escrementi, in quella sua proposta filantropica di macellare i bambini e farne cibo pel popolo!

13.° Quasi tutti costoro, Cardano, per esempio, Lenau, Tasso, Socrate, Pascal, diedero una grande importanza ai loro sogni, che, certo, in loro assumevano un colorito più energico e potente, che non negli uomini sani.

14.° Molti presentarono cranî voluminosi, sì, ma di forme irregolari, e, come i pazzi, finirono con gravi alterazioni dei centri nervosi.- La sostanza cerebrale di Pascal era più dura del normale, e il lobo sinistro era quasi suppurato. - Il cervello di Rousseau presentava idropisia dei ventricoli.- Il capo di Villemain, che io vidi vivente a Parigi all'Istituto, presentava tali anomalie come ultra doligocefalie, plagiocefalie frontali, e sviluppo di seni frontali, ch'io subito richiesi ad un illustre guida se quegli non fosse un uomo soggetto ad accessi mentali.- I cervelli di Monge e di Flourens erano in preda a rammollimento.- I cranî di Ximenes, Byron, Foscolo, ingegni grandi, ma molto bizzarri, presentarono tutti precoce saldatura delle suture; Schuhmann moriva di meningite cronica e di atrofia cerebrale.

15. Ma il carattere più speciale della follia di questi grandi, pare si possa ridurre ad un'estrema esagerazione di quei due stadi alterni, di eretismo e di atonia,- di estro e di esaurimento, che noi vedemmo manifestarsi fisiologicamente, in pressoché tutti i grandi intelletti, anche i più sani,- stadî che essi ugualmente male interpretano, a seconda dell'orgoglio solleticato od offeso. - "Un animo pigro che si spaventa ad ogni affare, un temperamento bilioso, facile a soffrire, e sensibile ad ogni molestia, non pare possano combinare in uno stesso carattere, eppure formano il fondo del mio", confessa Rousseau nella sua Lettera II.

Quindi essi, spesso a modo dell'ignorante, che spiega, con oggetti materiali ed esterni, le modificazioni del proprio io, essi attribuiscono ad un diavolo, ad un Genio, ad un Dio, la felice ispirazione dell'estro.- Tasso, parlando del suo folletto, o genio, o messaggiero che fosse: "Diavolo, dice, non può essere, perchè non mi ispira orrore delle cose sacre, ma natural cosa, neppure, perchè mi fa nascere idee, che prima non avea mai avuto." - Un Genio ispira a Cardano le opere, le cognizioni nelle cose spirituali, i consulti, a Tartini la sonata, a Maometto le pagine del Corano.- Van-Helmont asseriva aver veduto comparirsi innanzi un Genio, in tutte le circostanze più importanti della sua vita; nel 1633 scoprì la propria anima sotto forma di un risplendente cristallo.- Lo scultore Blake spesso si ritirava in riva al mare per conversare con Mosè, Omero, Virgilio, Milton, che credea aver dapprima conosciuti, e a chi lo richiedea sulla loro figura: "Son ombre, dicea, piene di maestà, grigie, ma lucide e più alte d'assai del comune degli uomini." - Socrate era, da un Genio, consigliato nelle sue azioni; un Genio, a suo dire, migliore di diecimila maestri; e spesso avvertiva gli amici di ciò che doveano o non doveano fare, secondo ch'egli ne avea ricevuto istruzione dal suo daimonion. [in caratteri greci nell'originale]- Palestrina, nel comporre, fantasticava di porre in iscritto i canti di un invisibile angelo.

E certo lo stile colorito e vivace di tutti questi grandi, la evidenza con cui dettagliano le più bizzarre loro fantasticherie, come le accademie lillipuziane o gli orrori del Tartaro, denotano ch'essi vedevano, toccavano, colla sicurezza dell'allucinato, quanto descrissero; che in essi, insomma, l'estro erasi fuso colla mania, in uno stesso prodotto.

Ad alcuni, anzi, di questi, come a Lutero, a Maometto, a Molinos, ed or ora al capo dei ribelli Tai-ping, questa falsa interpretazione dell'estro, di assai giovava dando ai loro discorsi, alle loro profezie quella tinta di vero, che solo una profonda convinzione procura, e che sola riesce a scuotere e rimorchiare la popolare ignoranza.

Quando poi la gaiezza e l'estro vien meno, e tetre, e grigie sornuotano, alla loro volta, le melanconiche turbe, allora quei grandi infelici, più bizzarramente interpretando il proprio stato, si credono avvelenati, come Cardano,- o dannati alle eterne fiamme come Haller ed Ampère , - o perseguitati da accaniti nemici, come Newton, Swift, Barthez, Cardano, Rousseau.

In tutti poi, il dubbio religioso, che la ragione suscita a dispetto del cuore, compare allora innanzi ai loro occhi, come delitto, e diviene causa e stromento di nuove, reali sventure.


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