III
Azione delle meteore sugli uomini di genio, analogie con alienati.

Una serie di indagini, minuziose, condotte per tre anni di seguito nella mia clinica (1), mi ha dimostrato, con sicurezza matematica, come la psiche degli alienati si modifichi in modo costante sotto all'influenze barometriche e termometriche. Quando cioè la temperatura s'innalzava sopra 25°, 30° e 32° cent., massime se tutto d'un tratto il numero degli accessi maniaci, da 29, cresceva a 50; nei giorni in cui il barometro segnava brusche variazioni - massime di elevazione - la cifra degli accessi maniaci aumentava rapidamente da 34 a 46.

(1) Azione degli astri e delle meteore sulla mente umana. Memoria premiata dal R. Istituto Lombardo. Milano, 1869. - Osservazioni meteorologico - psichiatriche. Bologna,1871.

Or bene una influenza, affatto analoga, si nota in coloro, a cui, una, non so se benigna o maligna, natura concesse, in più generosa copia, la potenza dell'intelletto. - Pochi v'hanno fra questi che non coufessino [sic] come il loro estro sia singolarmente soggetto alle influenze meteoriche. - Chi li avvicina o chi legge le loro corrispondenze s'accorge, anzi, che le subiscono, che le sofrono tanto, d'aver bisogno, e sovente, di farne, loro malgrado, non chieste lamentele, o di lottare, qualche volta, corpo a corpo, con congegni speciali contro quelle influenze per disarmarle, per togliere il maligno influsso che smezza o impastoia il libero volo della loro mente. Montaigne scrisse: Si ma santé me sid et la clarté d'un beau jour, me voylà honnête homme. Diderot diceva: Il me semble que j'ai l'esprit fou dans les grands vents.

Maine de Biran, il filosofo spiritualista per eccellenza, scrive nel suo Jour, de ma vie intime: "Non so comprendere come nei giorni di cattivo tempo io mi senta l'intelligenza e la volontà affatto diverse che nei giorni sereni."

Alfieri "io mi confronto" dettava "con un barometro. Trovai sempre maggiore o minore facilità al comporre, secondo il peso dell'aria, stupidità totale, nei grandi venti solstiziali ed equinoziali, ed una infinitamente minore perspicacia di sera che di mattina, e attitudine a inventare nel sommo inverno e nel sommo estate, più che non nelle stagioni di mezzo; ciò mi fece umile, essendo pienamente convinto che non era quasi in me il poter in quei tempi fare altrimenti."

Tutto questo ci fa intravedere già un'influenza notevole del barometro, e molta analogia a quella trovata per le alienazioni. Ma ben più chiara ed evidente riesce quella del termometro.

Napoleone che aveva detto, esser l'uomo un frutto dell'atmosfera fisica e della morale, Napoleone, che soffriva ad ogni minimo vento, amava così il caldo, che faceva accendere il fuoco anche nel mese di luglio; Voltaire pure riscaldava il suo gabinetto in tutte le stagioni; Rousseau diceva che l'azione del sole in canicola gli giovava. a comporre, e se'l lasciava dardeggiare sul capo in pieno meriggio.

Byron scriveva: Io temo il freddo quanto lo teme una gazzella.

Heine diceva di non sentirsi così capace di poetare nel clima di Germania come l'era in Francia. Spallanzani, alle isole Eolie, si sentiva capace di studiar il triplo delle ore che nella nebbiosa Pavia (Viaggio in Sicilia, tom. 7).

Leopardi confessa nel suo Epistolario: "La mia complessione è nemica del freddo. Aspetto e invoco il regno d'Ormusd."

E Giusti scrivea in primavera: Gli è che l'estro è tornato a far capolino - se la primavera mi aiuta come in tutte le altre cose.

Byron diceva: Io sono più religioso nei giorni di sole.

Lesage, nella vecchiaia, s'animava a misura che il sole si avanzava sul meridiano, riprendendo mano mano la sua gaiezza e la forza della sua imaginazione; al declinare del giorno, l'attività (1) del suo spirito diminuiva gradatamente finchè cadeva in letargo, durando, così, fino alla dimane.

Giordani non poteva comporre che al sole, con molta luce e molto caldo (Giussani, Vita, ecc. pag.188).

Foscolo scriveva in novembre: Io mi sto al fuoco, e li amici ne ridono, io cerco di dare alle mie membra calore, che il mio cuore concentra e sublima dentro di sè (Epist. 395, I). E nel dicembre riscriveva: Il mio natural malanno d'aver paura del freddo m'ha costretto a vivere presso il fuoco, e il fuoco m'accese le palpebre.

Milton confessa, già nelle sue elegie latine, come all'inverno la sua musa riescisse infeconda. Egli non poteva scrivere che dall'equinozio di primavera a quello di autunno; in una sua lettera egli si lagna del freddo del 1798, e teme che, se duri, ponga ostacolo al libero sviluppo dell'imaginazione. Johnson che ce lo narra (Milton's Life, 1804), può essere ben creduto, perchè egli, cui non sorrideva la fantasia ma solo la pacata e fredda intelligenza del critico, vi fa il commento bisbetico, che tuttociò doveva essere prodotto da bizzarria di carattere, non avendo egli, Johnson, mai provato simili differenze per variare di stagioni o di tempi.

(1) Reveillé Parise, Physiologie et hygiène des hommes livrés aux traveaux de l'esprit, ecc. Paris, 1840, p. 352-355.

Chi legge l'Epistolario di Schiller a Goethe, è colpito subito dalla singolare influenza che quel grande, dolce e imaginoso poeta attribuisce alle meteore sul proprio genio. "Io in questi tristi giorni (era il novembre del 1817), in questo cielo di piombo ho d'uopo di tutta la mia elasticità per sentirmi vivo, io non mi sento ancora capace di un lavoro serio.

Nel dicembre ripete: "Mi rimetto al lavoro, ma il tempo è sì greve, che è impossibile conservare la lucidezza dell'animo." - Nel luglio 1818, "invece, grazie al bel tempo, sto meglio; l'ispirazione lirica, che obbedisce alla volontà meno di tutte le altre, non tarda a venire." - Nel dicembre di quell'anno torna di nuovo a lagnarsi come la necessità di terminare il Wallenstein coincida sfortunatamente con un'epoca dell'anno sfavorevole, "per cui, dice egli, sono obbligato a tutti gli sforzi per conservare la nettezza dello spirito." - E nel maggio del 99: "Io spero avanzare nel lavoro se il tempo continua ad esser bello."

Da tutti questi esempî si può con sicurezza conchiudere: che il calore, meno poche eccezioni, giova alle produzioni del genio, come giova alla vegetazione, come pur troppo contribuisce alla eccitazione maniaca.

Il caldo è uno dei fattori delle opere del genio, come lo è la sensazione, e come lo è l'eccellenza volumetrica o istologica del cervello. Se gli storici che sanno sperperare tanto tempo e tanti volumi nei racconti minuziosi delle feroci battaglie, e delle svergognate imprese di certi re e di certe repubbliche, se questi storici si fossero degnati d'indagare e constatare l'epoca memoranda, in cui una grande scoperta e un capolavoro dell'arte venne concepito, vi avrebbero, quasi per certo, trovato come i mesi e i giorni più caldi furono i più fecondi anche all'uomo di genio, come lo sono all'universa natura.

Dante il primo suo sonetto lo compose il 15 giugno nel 1282, e nella primavera del 1300 scrisse la Vita nuova, e nel 3 aprile comincia il grande poema (V. Lebin, Intorno all'epoca della VITA NUOVA, pag. 28).

Petrarca nel marzo 1339 idea l'Africana.

Il grande cartone di Michelangelo, quell'opera che fu detta dal Cellini, giudice il più adatto, il più maraviglioso dei suoi lavori, fu ideato e finito dall'aprile al luglio 1506.

Il poema di Milton fu ideato nella primavera.

Galileo Galilei scoperse l'anello di Saturno nell'aprile 1611.

Le Grazie di Foscolo furono composte in gran parte nel giugno 1813 e nel luglio 1814.

Chi ben considera questa prepotente influenza della pressione atmosferica e del calore sulla produzione degli uomini di genio, comprende subito come quelle condizioni atmosferiche di tanto influiscano anche sulla loro genesi.

E' innegabile che la razza (per esempio da noi dove la razza latina e la greca più abbonda di grandi uomini), che le condizioni politiche e scientifiche, come i centri letterari, che molte altre circostanze poste ora a carico del fato, ora della provvidenza, abbiano una gran parte nella comparsa degli uomini di genio; ma egli è pure indubitato che la più grande spetta sempre all'aria ed al clima.

Per convincersene basta porre a confronto il risultato delle leve, in Italia, in questi ultimi anni; si vede, subito, che i paesi che appunto per la bontà del loro clima forniscono il maggior numero di alte stature ed il minore di riforme, sono quelli che più abbondarono di uomini di grande ingegno, come Toscana e Romagna.

Invece le terre che più scarseggiano di uomini alti e validi alla milizia, Sardegna, Calabria e valle d'Aosta, offrono pure un numero esiguo di uomini di genio.

Questa coincidenza fu presentita già da un pezzo dal popolo e dai dotti, tutti d'accordo ad ammettere la frequenza della produzione degli uomini di genio ne' paesi, che essendo montuosi offrono una temperatura mite. Il proverbio toscano dice: Montanini scarpe grosse e cervelli fini. Il Vegezio, lib. I, cap. 2 , lasciò scritto: "Plaga coeli non solum ad robur corporum sed etiam animorum facit." Il clima influisce non solo sulla robustezza dei corpi, ma sì bene anche degli animi. Atene, egli continua, fu scelta da Minerva per la sua aria sottile, che vi fa nascere gli uomini prudenti." Anche Cicerone più volte ripete come ad Atene, in cui spira l'aria tenue, nascessero gli uomini saggi, e torpidi a Tebe dall'aria grossa; e Petrarca nell'Epistolario, in quella specie di riassunto che ci lasciò di sua vita, fa, con molta insistenza, notare, come tutti i suoi capolavori fossero dettati, od almeno imaginati, in que' suoi ameni e prediletti colli di Val Chiusa. - Michelangelo diceva al Vasari : "Giorgio, se io nulla ho di buono dal mio ingegno, egli è venuto dal nascere dalla sottile aria del vostro paese d'Arezzo" (Vasari, Vita, p. 29). - Muratori in una sua lettera a un Sanese: "Codesta vostr'aria è mirabile, veramente, producendo ingegni così feraci." Pag. 466.

Tutti i paesi di rasa pianura, il Belgio, l'Olanda, o di troppo elevate montagne, come la Svizzera e la Savoia, difettano di uomini grandi, ma più ancora poi ne scarseggiano i paesi paludosi e maremmani.

Urbino, Pesaro, Forlì, Como, Parma, hanno dato uomini di genio di maggior numero e fama che non Pisa, Padova e Pavia, le tre prime e più antiche città universitarie d'Italia; e basti citare Raffaello, Bramante, Rossini, Morgagni, Spallanzani, Muratori, Falloppio, Volta, Plinio.

Ma per venire ad esempi un po' più dettagliati, noi vediamo Firenze, la città mite di temperatura, ma colligiana per eccellenza, aver fornito all'Italia la più splendida coorte de' suoi grandi, e basti citate [sic] Dante, Giotto, Machiavelli, Lulli, Leonardo, Brunellesco, Guicciardini, Cellini, Beato Angelico, Andrea del Sarto, Nicolini, Capponi.

Invece Pisa, che è in condizioni scientifiche per lo meno sì favorevoli come Firenze, essendo sede di una fiorente università, non offerse (eccezione fatta di qualche guerriero e politico e non in sì gran numero e vaglia come a Firenze, e prova ne sia la sua caduta malgrado i potenti alleati), Pisa dico, non offerse di uomini grandi che Nicola Pisano, Giunta e quel Galileo che ben nacque a Pisa, ma da parenti fiorentini. Ora Pisa differisce da Firenze soltanto per la sua posizione pianigiana.

Noi già vedemmo come la montanina Arezzo fosse ricca di genî, essa che ci diede Michelangelo, Petrarca, Guittone, Guido Bruni, Redi, Cesalpino e Vasari.

Ed in Lombardia i paesi montanini, o laghigiani di Bergamo, Brescia e di Como, hanno un primato per grandi uomini sopra i pianigiani, e citerò Tasso, Mascheroni, Donizetti, Tartaglia, Ugoni, Volta, Parini, Appiani, Maj, Plinio, Cagnola, ecc., a fronte dei quali la bassa Lombardia appena può opporre Alciato, Beccaria, Oriani, Cavalleri, Aselli e Bocaccini. La colligiana Verona produsse Maffei, Paolo Veronese, Catullo, Plinio, Fracastoro, Bianchini, Sammicheli, Cagnola, Tiraboschi, Brusasorsi, Lorgna, Pindemonte; mentre la ricca e dottissima Padova, cui non arridono se non da lungi le apriche colline, offerse all'Italia solo Tito Livio, Cesarotti, Pietro d'Abano e pochi altri.

Genova e Napoli, che riuniscono i vantaggi di un tepido clima e di un suolo marino e colligiano, offersero uomini di genio se in numero non così grande come Firenze, almeno pari in valore, come Colombo, Doria, Vico, Caracciolo, Pergolese, Genovesi, Cirillo, Filangeri.

Anche questa azione indiretta della natura sulla produzione del genio non manca di qualche analogia colla alienazione. Proverbiale è il fatto che nei paesi colligiani gli abitanti sono esposti alla pazzia più che nei pianigiani - quindi l'aria di Monte Baldo - i matti di Collio, di Tellio - sono proverbiali espressioni di un fatto passato nella dicitura volgare e posto in sodo dalla statistica psichiatrica.


© Biblioteca Nazionale Braidense - Sito Web: http://www.braidense.it
Via Brera 28 - 20121 Milano - Tel. +39 02 86460907 - Fax +39 02 72023910 - Email: info@braidense.it