I
Introduzione e Storia.

È bene una triste missione, la nostra, di dovere, colla forbice dell'analisi, ad uno ad uno, sminuzzare, distruggere, quei delicati e variopinti velami, di cui si abbella e s'illude, l'uomo, nella sua boriosa pochezza, e non potere dar in cambio degli idoli più venerati, dei più soavi sogni, che l'agghiacciato sorriso del cinico! Tanto, è fatale, anche, la religione del vero! Così il fisiologo non rifugge dal ridurre, a poco a poco, l'amore ad un gioco di stami e di pistilli... ed il pensiero ad un arido movimento delle molecole.

Persino il genio, quella sola potenza umana, innanzi a cui si possa, senza vergogna, piegare il ginocchio, fu, da non pochi psichiatri, confinato insieme al delitto, fra le forme teratologiche della mente umana, fra le varietà della pazzia.

Questa profanazione, spietata, non è, però, tutta opera di soli medici, o frutto del scetticismo dell'età nostra.

Aristotile, il gran padre, ed ancora, pur troppo, il collega dei filosofi, notava, come sotto gli accessi congestivi al capo, "poeti divengano, profeti e sibille, molti individui, e come Marco Siracusano poetasse assai bene finché era maniaco, e rinsanito dappoi, non sapesse più dettar versi" (De Pronost. 1, p. 7). Spesso, altrove egli ripete "si osservò che gli uomini illustri nel canto, nelle arti o nel governo erano melanconici e matti, come Ajace, o misantropi come Bellerofonte. Anche nelle recenti età vedemmo Socrate, Empedocle, Platone e più altri, dotati di questa natura; specialmente poi i poeti. "Quelli che avevano la bile molle e fredda erano poltroni e stolidi, quelli che l'avevano calda erano procaci, ingegnosi ed eloquenti" (Problemata. Sect. XXX).

Nel Fedro Platone afferma "essere il delirio tutt'altro che un male: essere un dei più gran doni dei numi; nel delirio le profetesse di Delfi e di Dodone resero ai cittadini di Grecia mille servigi; mentre a sangue freddo esse fecero assai poco di bene, anzi nulla del tutto. Qualche volta accadde che quando gli dèi affliggevano i popoli con gravi epidemie, un santo delirio impadronendosi di qualche mortale, lo rendesse profeta e gli facesse trovare un rimedio a quei mali. Un'altra specie di delirio, quello ispirato dalle Muse, quando eccita un'anima semplice e pura a rabbellire dei vezzi della poesia le gesta degli eroi, giova all'istruzione delle età future."

Certo l'osservazione di analoghi fatti, interpretati, poi, malamente, e ridotti, come dal volgo suolsi, in ubbie, indusse i popoli antichi a venerare i pazzi come persone inspirate dall'alto, del che, oltre la storia, fan fede le parole mania in greco, navi e mesugan in ebraico e nigrata in sanscrito, in cui il senso di pazzia e di profezia trovasi confuso ed assimilato.

Felice Plater asseriva aver conosciute persone, le quali, abbenchè eccellessero in qualche arte, pure erano pazze e tradivano la loro stoltezza col ricercare, stranamente le lodi, con atti sconci e bizzarri; tra gli altri egli aveva trovato alla Corte un architetto e uno scultore celebre, ed un musico insigne, che pure erano pazzi (Observationes in Hom. Affect, 1641. Libr. 10, p. 305).

Pascal, più tardi, ripeteva, come l'estremo ingegno è assai prossimo all'estrema follia, e più tardi ne offriva in sé stesso una prova.

Recentemente il Lelut nel Demone di Socrate, nell'Amuleto di Pascal e Verga nella Lipemania del Tasso, provarono, come fosservi stati uomini di genio, allucinati e maniaci, per lungo tempo; altri v'aggiunsero studî su Swift, su Lutero, su Cardano, su Brougham. Moreau, che predilige e sa cogliere i lati meno verosimili del vero, nella sua recentissima opera, la Psicologia morbosa, e Schilling finalmente nelle sue Psychiat. Briefe tentarono, con copiose, ma non sempre severe ricerche, stabilire, che il genio è sempre una nevrosi, anzi, a dirla schietta, una alienazione.


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