Le poesie di Neri Tanfucio

Cento sonetti in vernacolo pisano
di Renato Fucini
13. edizione.
Pistoia, Tip. Cino dei fratelli Bracali, s. d.

Pag. 9

XXVI.
Sviluppo preoce (1).

Quant' a 'un ave' figlioli, io nun m' ostino,
Dirrò con te che s'ha meno pensieri.
Ma è sempre meglio lassa' fa' 'r destino,
Tanto lui lo 'onosce 'r su' mestieri.

Io, per 'enzin che 'un n' ebbi, per 'enzino,
Meglio! dissi tra me, 'un c'è dispiaceri;
Ma po' 'vando mi nacque 'r mi' Dreino,
Me lo presi e dimorto volentieri.

Perchè te, 'n der tu 'stato, 'un ci siei drento
Ar dorce delle gran consolazione
Che ti por da' 'n bimbetto di talento;

Presempio 'r mio, che pare 'no zuccone,
Lo rederesti? ha tanto intendimento
Che mi ride e mi dà già di 'oglione!

Pistoia, 1880.

1. precoce.

XXVII.
L'armistia (1).

Neri. Quando, presempio, figlia 'na regnante
O un re monta 'n sur trono, è usanza antia
Che quarsivoglia pezzo di birbante
Possa fanni anco lui 'n po' d' allegria.

Pietro. Mi garba!
Neri. Le 'ondanne tutte 'vante
Sceman' un anno, e, dato che ci sia
Quarche condanna a meno, e ce n'è tante,
Li mandan fora; e questa è l'armistia.

Pietro. Pensàmo l'eresie che stianteranno
Quelli che c'ènno a vita, Dio beato!
Perchè loro armistia nun n'averanno.

Neri. Chi t'ha detto di no? quand' un forzato
Conoscan che a mori' li manca un anno,
Lo vann' a di' ar soprano e vien graziato.

Pistoia, 1880.

1. Amnistia.

XXVIII.
Doppo sett'anni.

Neri. Ieri riveddi Maso. Che sgomento!
Guasi 'un lo rionobbi: è diventato
Che l'imbianca la barba 'vi 'n der mento,
Po' tutto grinze, eppo' mezzo sdentato...

Prodigi. Dispiaceri.
Neri. 'Un è vero; anzi è contento;
Dice che nun è stato ma' malato....
Enno l'anni che passan come 'r vento:
Lo sai Maso 'os' ha? Maso è 'nvecchiato.

Ma t' arrammenti 'vand' andiede via?
Bèr giovanotto! franco, preputente....
Se tirava 'n cazzotto.... mamma mia!

E ora anco lui nun è più bono a niente!
Ma me lo sai spiega', te, cosa sia
'Vesta porca vitaccia sconcrudente!?

Pistoia,1881.

XXIX.
Er pretino gobbo.

Già! quer pretino gobbo che unni tanto
Càpita giù ar caffè der pianterreno,
Sabbato sera mi si messe accanto,
E 'mprincipiò a parla' der più e der meno.

Doppo, m' arragionò d' un certo santo:....
Eppo' di 'vello che ha 'nventato 'r Treno....
E, a un certo punto, poi, così di stianto,
Mi viense a di' che l'omo, nientemeno,

È fatto simirmente 'ome Dio!
Io lo guardai 'n po' po' 'n quer muso nero,
Po' dissi: O senta, riverendo mio:

Anco da un artro, già, 'un ci 'rederei,
Ma caso mai, 'ni dissi, fussi vero,
Con quer groppone nun me l'ha a di' lei!

Firenze, 1880.

XXX.
Davanti ar colosso der Fanti a Firenze.

Pipi. Senti: chi te l' ha detto o ha fatto 'r chiasso,
O, viceversa, ènno di gran canaglia;
Perchè lui, con un apisse e 'r compasso
Vinceva, si por di', quarsia battaglia.

Lui, vedi, si piantava a capo basso
Sopra 'na 'arta 'om' una tovaglia
E comandava, 'nsenza fare un passo:
"Qui cavalli, presempio, e là mitraglia."

Con cotesta sistema che 'un par niente,
Lui nun perdeva mai.... Come, 'un ci 'redi?
Cispe. Ma scusa, Dio ti mandi 'n accidente,

O vortati 'n po' 'n su; ma nun lo vedi,
Che con tutto 'r su' vince' a tante gente
Nun gli è restato 'n dove mette' e' piedi?

Firenze,1877.

XXXI.
Er voto universale.

Lische. Oggi, Neri, 'un siei te.
Neri. Mi sento male.
Lische. Che hai mangiato 'varcosa di nocivo?
Neri. Acqua, farina gialla e 'n po' di sale;
Propio 'ver tanto per tenemmi vivo.

Lische. O 'r tu' vecchio è guarito?....
Neri. E' allo spidale.
Pare, dice, 'ni vienga 'r mar cattivo....
Lische. Stai zitto, ora c'è 'r voto universale,
Ci va meglio anc' a noi di positivo.

Neri. O cos'è questo voto?
Lische. Ene un diritto
Come 'r quale lo 'iamano le schiere (1)
Che 'un s' ammattisce perch' è bell 'e scritto.

Neri. O a cosa serve?
Lische. Questo 'un s'ha a sapere:
So che se fo a su' modo e se sto zitto,
Ci ho già sei che mi pagano da bere.

Pistoia, 1879.

1. schede.

XXXII.
La penitenza.

Prete. Avete altro da dirmi?
Neri. Nossignore.
Prete. Cercate bene in fondo alla coscienza.
Neri. No, nun ci ho propio artro 'n sur mi'onore,
Lesto, ho furia, mi dii la penitenza.

Prete. Ascoltate. Ogni giorno in diverse ore,
Con un compagno che v' assista o senza,
Direte otto corone al sacro cuore,
Durando un mese.
Neri. E basta?
Prete. No.
Neri. Pazienza.

Prete. Quindi, sempre s' intende per un mese,
Direte sei vessilla a san Clemente,
Eppoi.....
Neri. Eppoi me le fa lei le spese?

O che crede che buggeri la gente
Per campa' vagamondo a cianche stese?
O lei mi fa un ribasso, o 'un ne fo niente.

Firenze, 1879.

XXXIII.
Er cordone sanitario.

Speziale. Voleva?
Nocco. Ecco, siccome io ci ho 'n bimbetto....
Nun sarà nulla, sa, ma tante vorte....
Eppo' 'ver male li fa 'n cert' effetto....
'Velle materie puzzolente, sciorte.....

E anch' a Gigia stamani glie l'ho detto:
Le prudenze nun ènno ma' dimorte.
Ma le donne....! viziaccio malidetto!
E fii (1), e mele!....
Speziale. Via, dunque alle corte,

Che cosa vuole?
Nocco. Dunque, ecco, vorrei....
Du' braccia basterà, l'ho misurato....
Cordone sanitario ce n'ha lei?....

Speziale. (Figlio d'un cane! o chi ce l'ha mandato?)
Del cordone da dargli ce n'avrei,
Ma il sanitario è tutto terminato.

Firenze, 1879.

1. fichi.

XXXIV.
Der più e der meno.

'Rivano ' balestrucci a prima vera,
E c'è pronte le mosche e le zanzare;
Nasce 'r granocchio e 'r pescio alla riviera,
E c'è lì 'r bravo grillo da abboccare;

E simirmente, alla stessa maniera,
La vespa ci ha 'r su' fiore da ciucciare;
E così 'r bao (1) e qualunqu' artra fiera,
Nasce e trova già pronto 'r desinare.

Ora 'un brontolo mia, cchè! solamente
Faccio per baratta' quattro parole;
O che dartronde 'un devo dì' ma' niente?

E co' discorsi è andato sotto 'r sole!
Vieni a cena da me, vieni, Valente?
- Chè ci hai di bono? -
Nulla, se Dio vole.

Pistoia, 1880.

1. baco.

XXXV.
L' occhi neri.

Chi ve l'ha fatti 've' bell' occhi neri
'N dove di 'asa c'è tornat' amore?
Da quelli vi si legge 'n der pensieri,
E vi si 'onta ' battiti der core.

Quando vi vedo che l'avete seri,
Anco ' minuti mi diventan ore....
Oh! mostrateli allegri ar vostro Neri,
Se 'un lo volete morto di dolore.

Lo so, me l'hanno detto e mi dispiace,
Che nun vi garbo e già me n' ero accorto,
E peno e piango e 'un mi so fa' capace.

Ora 'un mi resta, ar mondo, artro 'onforto;
Che sciupata nun sii la vostra pace,
Quando le gente vi dirranno: - E' morto. -

Firenze,1879.

XXXVI.
L'omo della forchetta (1).

Per datti, ora, un' idea der corp' umano,
Ti devi figura' che lo 'ntestino
Dalle tonzille, 'on rispetto, ar lano
Farà diciotto miglia di 'ammino.

Attarchè, quando c'entra un corpo 'strano,
Com' esse' 'na forchetta o un temperino,
Facendo du' fumente ar deretano,
Si por tira' l'oggetto ar su' destino.

Ti torna? 'un c'è artre strade eccetto 'vella.
Chi s'azzarda a fruga' co' ferri drento,
A ristio di sfondanni le budella?

Er male è ch'è panfò! s' era d' argento,
A avello messo 'n delle mane ar Sella,
Glie la tirava fora 'n dun momento.

Firenze, 1871.

1. Questo vecchio sonetto rivede qui la luce per comodo d'edizione.

XXXVII.
La morte 'mprovvisa.

Quando 'ni viense 'r gran peggioramento,
Cencio andò 'n giro 'n cerca d'un dottore;
Io portai tre candele ar Sagramento
E dissi ar Prete: "Lesto perchè more!"

- Vengo, mi disse, vengo 'n der momento. -
(Quando viense era morto da du' ore!)
Ma che morte, che morte a tradimento!
Gran malaccio, Nerino, è 'r mar di 'ore!

Perchè po' migliorò e si messe a di':
"Ragazzi, a domattina nun ci 'rivo....
Vi raccomando...." ma 'un potè fini'.

Fatto sta che andò via tanto d' abbrivo,
Che du' minuti avanti di mori',
Pare 'na buggerata, ma era vivo!

Firenze, 1818.

XXXVIII. Poeti e quattrinai.

Neri. C' è quer figuro der signor Ermete
(Chè lui parla di numeri o si 'eta)
Sempre. 'vando lo 'nciampo, mondo prete!
Fa 'n risolino e dice: "Addio, poeta!"

Lui fa per cogliona', cosa 'redete?
'Vesto vampirio, brutta ghigna vieta,
Che levato a raspa' dalle munete
Nun sa nemmeno 'n dove stii la zeta!

Droghe. Lassalo di', vedrai che po' finisce.
Tanto a piglia' 'n sur serio l'omo idiota,
Credi, Neri, l' artr' orno s' avvilisce.

Quelle ènno gente, ormai la 'osa è nota,
Fatte 'ome la tinca che 'un capisce
Che si possa 'ampa' for della mota.

Pistoia, 1879.

XXXIX.
Lo sciopero de' vetturini.

Sindaco. .... Ma sopra tutto la legalità!
Quanti n' abbiamo oggi del mese?
I. Vetturino. Venti.
Sindaco. Doman l' altro c' è giunta; si vedrà....
Insomma, via, resterete contenti.

II. Vetturino. E noi 'n der nome della libertà,
Ora dirremo 'n disadorni accenti
Come 'r quale 'r diritto, lei lo sa,
Che l' arte der cavallo ha' su' momenti.

Dovecchè neve o pioggia, 'r proletario
La piglia tutta, e creda che, 'n cuscienza,
Tra la su' bestia e lui nun c' è divario.

Sindaco. Lo so, lo so.
II. Vetturino. La 'vale (1), 'n concrusione,
Se occorresse 'varcosa a su' eccellenza,
Lei 'onti 'n sulla nostra prutezione.

Cavinana, 1881.

1. Per la qual cosa.

XL.
Er sagrifizio d' Isacco.

Onnipotente. Abramoo.
Abramo. Mi 'omanda, Onnipotente?
Onnipotente. Se domattina 'r tempo si rifà,
Piglia Isacco e una sciabola tagliente....
Abramo. Ho bell' e 'nteso, me lo fa ammazza'!

Onnipotente. Ci hai dato drento!
Abramo. Scusi.... nun per niente....
Ma creda, mi rincresce 'n verità....
Lei vòr vede' 'r su' servo s'è ubbidiente,
O cos' occorre? o tanto o che 'un lo sa?

A quella rispostaccia 'r Principale,
Dice, 'ni rivogò 'n tar pedatone
Da lassannici drento lo stibale.

E allora Abramo, 'ntesa la ragione,
Se n' andò via 'n tralice dar gran male
A da' di rota ar vecchio sciabolone.

Firenze, 1878.

XLI.
Lo 'nverno.

Gianni. Già basta ave' d'intorno un sagramento,
Per senti' brontola' mattina e sera.
Nato d'un cane! o che 'un se' ma' 'ontento?
O che vorresti sempre primavera?

Ieri ti trovo: " Malidetto 'r vento! "
Dianzi: " Accidenti all'umido! " Stasera:
" Fa un freddo ladro! " 'Nsomma, unni mumento....
Paolo. Ma 'un ho ragione, scusa? Alla maniera

Che te sempre mi 'ritii (1) 'r governo,
Io dio che le stagione 'un ènno state
Fatte da di' l'ha fatte 'r Padre Eterno.

Perché, ti torna? e' diacci e le nevate
Che viene 'n de' gran freddi dello 'nverno,
Nun era meglio avelli 'n dell'istate? -

Pistoia, 1879.

1. critichi.

XLII.
L'omo sarvatio.

Neri. Er Canibale è 'n omo. Un omo vero
Propio artefatto a guisa der gristiano,
Quello nun è, perchè di 'arne è nero,
E 'r su' cibo che agogna è 'r corpo umano.

C'eri stamani?
Beppe. T'ho anco visto; c'ero.
Neri. L'hai visto 'vand' ha visto 'r su' guardiano?
Gli ha sgranato cert'occhi da sparviero....
Paveva te ar risotto di Gaitano!

Eppure a ripensacci un po' po' drento,
Brutto e dimorto, 'vant'è vero 'r Sole,
Ma l'omo bianco mette più spavento.

Armeno lui lo spiega 'osa vole;
Ma 'r gristianaccio!..... A vorte un comprimento
Fa più male d'un mazzo di pistole.

Firenze, 1879.

XLIII.
Dimande noiose.

Mamma. Oh! siei noioso, sai, bèr mi' bimbetto!
Tanto ènno 'ose che 'un le poi 'api';
Ma poi, guardate voi se un piscia - a - letto,
Por ragiona' di 'veste 'ose 'vi.

Soffiati 'r naso, porco malidetto!
Bimbo. O mamma, o fornia' (1) cosa vor di'?
Mamma. Fa' 'r pane 'n forno.
Bimbo. Com'avete detto?
Mamma. Mettello 'n forno.
Bimbo. O che è peccato?
Mamma. Sì.

Bimbo. Mamma, o carnale?
Mamma. O senti, veh, Pietrino,
Se non ti 'eti a di' queste troiate,
Ti rinchiudo 'n der solito stanzino!

No, no, nun rido! 'ndove l'ha 'mparate?
'Ndoveee? 'n della dottrina?! Ah, sbarazzino!
Bimbo. ......Ci-a-ca, carnale; eccolo 'vi, guardate.

Pistoia, 1879.

1. fornicare.

XLIV.
Libertà e non licenza.

Ora di certo lei, Sor Brigadieri,
Lei di certo la legge l'ha studiata,
Quarmente, si 'apisce, 'r su' mestieri
Riiede la persona 'lluminata.

Tenga lo Stioppo, tenga, volentieri!
Guardi, 'ni si 'onsegna e 'un si rifìata.
Vole anco 'r nome? Gianni der Barbieri;
Ma l'avverto che fa 'na buggerata,

Perchè domani io cerco d' un notaro
E 'ni faccio distende' 'na sentenza
Che lei, badi, ci passa da Somaro.

Dovecchè, se 'r Questore ha la 'oscienza,
Ar mitinghe lo disse 'iaro 'iaro:
Signori, " libertà e non licenza (1)."

Dianella,1880.

1. Licenza in Toscana è chiamato senz'altro il permesso di porto d'armi per la caccia.

XLV.
L' arpinisti.

Maso. Te 'un ne poi ragiona',.... se nun l' hai visti!
Ma di già li vedrai doman da sera
Perchè, dice, arritorna l' arpinisti
Ch' ènn' andati 'n vapore a Pontidera.

Che coraggi, davvero, a quanti risti
S' espongan cor ber tempo 'n primavera!
E sa', ènno gente guasi tutti artisti
Che loro 'r mondo antio sanno 'os' era.

Pippo. Ma 'r su' scopo? Mi rendi 'n po' 'nformato:
Ma che è vero che osservan da per tutto
Per pote'....

Maso. Ma lo 'redo, zio salato!
L' ho visti a vorte, 'vant' è vero 'r sole,
A osserva' 'na fogliata di preciutto
'Nsenza nemmeno dimmi: o lei ne vole?

San Marcello, 1879.

XLVI.
L'anima suffragata.

Neri. Gran disgrazia fu quella! Ah, se sapesse,
Don Luvigi, che strappo in questo 'ore!
Prete. Sarà su in cielo, amico.
Neri. Dio volesse,
Che fussi armeno 'n braccio der Signore.

Pover' omo! tra l'utime 'mprumesse
Vorse che 'ui giurassi 'n sur mi' onore
Di fanni di' unni tanto un par di messe....
Che me lo vor fa' lei questo favore?

Prete. Anzi, perbacco, glie le voglio dire.
Era un sant' uomo, povero Maleci!....
Neri. E à quanto l'una, a cinque o a dieci lire?

Prete. Non hanno prezzo, amico mio, le preci;
Però, s' io vi dovessi suggerire,
Profitterei dell' ultima da dieci.

Firenze, 1877.

XLVII.
Lo stufatino ben fatto.

Avventore. Camberieri (1).
Cameriere. Comandi?
Avventore. Vieni 'va.
Guarda 'n questo stufato.... vedi niente?
Cameriere. Enno spezie, garofani.... si sa....
Avventore. Guardaci meglio. Spezie solamente?

Questa, presempio?
Cameriere. E' 'na moschina, già!
Sa, tante vorte inavvedutamente.....
Avventore. Dimmi, er tu' coo (2) è biondo, eh?
Cameriere. Che lo sa?
Avventore. Già, l'ho sentito di' da delle gente....

Glie ne va via dimorti, è 'n gran peccato!....
'Gnamo, giù, famo 'r conto: Otto 'apelli;
Se' mosche 'nsenza 'velle che ho mangiato....

Cameriere. 'Gnamo, 'gnamo, nun facci più 'r Cannelli (3).
L' ha finiti du' piatti di stufato?
Se 'un vor paga' le mosche, paghi 'velli.

Firenze, 1877.

1. Cameriere.
2. cuoco.
3. Stenterello celebre.

XLVIII.
E' troppi coi (1).

Anchise. Cotesto nun lo nego; solamente
Te mi devi spiega' quest' artra 'ndagine:
Per quar motivo a' tempi antiamente
C' era 'r doppio prodigi e meno 'mmagine.

Budelli. Ora, sai? de' motivi propiamente
Com' ènno scritti 'n delle sagre pagine,
Qui 'n su du' piedi 'un me ne viene 'n mente;
Ma ce n'è, credi pure, 'na farragine.

Guah! se nun fussi materia divina,
Porterei 'ver dettato der Parenti,
Ch' e' troppi coi guastan la 'ucina.

Preciso è de' dottori: uno sa' denti,
Uno guarisce ' lombi, uno la spina....
E tutt' insieme ammazzano ' rienti (2).

Firenze, 1877.

1. cuochi.
2. i clienti.

XLIX.
Ottobre.

Neri. " Le mosche, se Dio vole, ènno finite,
Di zenzale e di puce 'un c'è più cia (1),
Bolle 'n der tino 'r succhio della vite,
E rigocciola 'r naso alla mi' zia.

Ritorna le ballotte e l'arrostite,
La neve a' monti e' tordi 'n casa mia:
Fistian le ventarole arrugginite
E ritorna le veglie e l'allegria. "

Ti garberà questo sonetto, Rosso?
Rosso. Smetti, ciucco, di fare 'r Pin di monte (2).
Neri. Lassami fa'; credi s' ha 'r foo (3) addosso

Quand' avemo bevuto ar sagro fonte....
Rosso. Gia! ma 'ntanto c' è 'r verno 'vi a ridosso,
E 'r tu' pastrano te l'hai sempre ar Monte.

Dianella, 1881.

1. cica voce del volgo che vale traccia.
2. probabilmente il Rosso voleva dire Pindemonte.
3. fuoco.

L.
Addio.

Questa vorta 'un se n'esce; ho fatto 'r giuro;
E se fo più un sonetto alla mi' usanza
Sto a patti di sbacchia' 'r capo 'n der muro
'Nsinchè 'r cervello 'un m' ha mutato stanza.

Ora è 'r tempo di mettemmi ar siuro
E d' imbroglia' la vela alla paranza;
Le mi' bimbe mi levan di pan duro,
E a me delle mi' braccia 'un me n'avanza.

Eppo' lo so da tanti professori
Che drento si por esse' anco buffoni,
Ma è regola pare' serj ar di fori.

Dunque, amici, un abbraccio; amici, addio;
Pregate pace ar re de' bontemponi:
Vo tra ' pagliacci a fare 'r serio anch' io.

Pistoia, 1882.

Ndr: Le note sono trascritte dall'edizione originale


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