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Ti saluto e vado in Abissinia

[10.03.1998]

Ti saluto e vado in Abissinia
Propaganda, consenso, vita quotidiana attraverso la stampa periodica, le pubblicazioni e i documenti della Biblioteca.
A cura di Patrizia Caccia e Mirella Mingardo
con interventi di Rossana Bossaglia, Angelo Del Boca, Ivano Granata
13 marzo - 11 aprile 1998

Orario:
Lunedì - Venerdì dalle 9.00 alle 17.00
Sabato dalle 9.00 alle 13.30

Ente organizzatore
Biblioteca Nazionale Braidense

Catalogo
Viennepierre, Milano

Presentazione
La mostra, organizzata dalla Biblioteca Nazionale Braidense, è rimasta aperta, nella Sala Teresiana dell'Istituto, dal 13 marzo all'11 aprile 1998.

La riscoperta dei contenuti ideologici e grafici delle pubblicazioni italiane, periodiche e monografiche, degli Anni Trenta, unita allo studio di un fondo di autografi inediti, il fondo Farinacci, ha caratterizzato questa iniziativa espositiva della Biblioteca Nazionale Braidense, che si colloca in un filone di ricerca sulle vicende culturali e politiche dell'Italia del Novecento, viste attraverso la lettura e l'analisi delle pubblicazioni d'epoca.

Ne emerge una storia fatta soprattutto di illusioni, miti, immagini, che si sovrapponevano al quotidiano e lo rielaboravano secondo una prospettiva irrazionale e fiabesca, delineata dalla propaganda attivata dal regime e realizzata dagli intellettuali e dagli artisti che operavano nell'industria editoriale italiana del Ventennio.

Lo studio dei contenuti si accompagna, in questa serie d'iniziative, alla riscoperta dell'iconografia dei miti del Novecento. Uno spazio notevole è dedicato alla grafica degli illustratori che diedero un non piccolo contributo alla creazione di un'atmosfera di gioiosa esaltazione collettiva.

In Italia, il mito dell'Impero, fatto proprio dal fascismo e dalla monarchia sabauda, divenne mito di un intero popolo, che nell'espansione coloniale trovò modo di dimenticare la persistente povertà e le difficoltà di una nazione ancora in fase di crescita.

L'idealizzazione della politica coloniale come missione di civiltà da parte di un popolo erede della cultura romana e imperiale e non come sfruttamento brutale di risorse umane ed economiche fu uno degli strumenti di consenso più efficaci messi in atto dal regime fascista, nel momento in cui stava raggiungendo il punto più alto del suo percorso storico.

Una nuova interessante testimonianza dell'atteggiamento, e del consenso, popolare alla politica coloniale del regime è costituita dalle lettere comprese nell'epistolario del gerarca cremonese Roberto Farinacci, figura rilevante e caratteristica del fascismo di provincia.