A Felice Romani

Sette castelli svizzeri del secolo XIV
Sette argomenti di Drammi


di Tullio Dandolo

Veggendovi metter fuori, colla facilità che ognuno ammira in voi, i libretti d' opera, ne' quai gettate a piene mani tal nerbo di poesia, tal soavità d' immagini, tal altezza di concetti, da farvi meritamente reputare tra i viventi italiani il poeta che sa meglio esprimere le passioni, con dar loro specialmente quel certo che di delicato che tanto or piace a preferenza del pomposo e del plastico de' padri; veggendovi fornir poco men che tutti i teatri d' Europa di que' vostri Drammi, maravigliai di sì bella fecondità; temei pur anco che alla vostra Musa venisse meno non tanto l' ispirazione del genio, quanto il terreno su cui il genio i suoi fantastici edifici innalzar potesse in avvenire.
Temer che a sì gagliardo consumatore i campi della Storia si facciano sterili, e bramar d' additargli un feracissimo cantuccio di Terra a me noto fu una cosa sola per me. Possa il novello Eresitone, pensai, trovar almen così qualche alimento alla tremenda sua fame, e ne riposi la pia figliuola già già costretta a vendersi ogni dì a comprator novello sempre la stessa, sotto le varie forme che le concessero d' assumerne gli Dei impietositi...!

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I.

Ida di Kirchberg, fattasi sposa di Enrico Conte di Toggenburg diventò oggetto per lui d' ingiusta e fierissima gelosia. - Ei passeggiava un dì per le sale solitarie del Castello di New-Toggenburg in balia di cupi pensieri: teneasi certo che non l' amasse la sua donna, e ferneticava d' un rivale. Entrò un giovin valletto: un raggio del Sol, che tramontava fra nugoli, gli fè brillar in dito un anello: riconobbelo Enrico per quello che il dì delle nozze aveva egli donato alla sposa. Strappar al valletto l' anello, chiamar servi, comandar loro d' approntare uno sfrenato puledro fu l' affare d' un momento: afferrò il meschino, trascinollo nel cortile del Castello, e là, colle proprie sue mani, gli legò stretta al collo la corda del puledro; che valicato d' un balzo il ponte levatoio si cacciò a furia per la valle, segnandola d' una striscia di sangue.
Ida, alle lamentose grida, s'era affacciata al verone: inorridì: pallor di morte le tingea le guancie, quando il Conte, bussato nella camera, come il furor lo portava, s' alzò la sventurata tra le braccia, e giù dall' aperta finestra trabalzolla.
Era notte, e mugghiava la procella. Ida cadde sul terriccio che tappezzava il fondo della fossa, e n' ebbe salva la vita. Ricovrò fuggendo in un bosco vicino. Videla sull' alba un cacciatore, e le fu guida al Monastero di Fishingen.
Scovrissi l' innocenza della Contessa. Un Corvo (Ischudi ne fa fede) avea rubato l' anello.
In udir novella del prodigioso salvamento, Enrico corse a Fishingen; ma gli fu risposto che la Contessa s' era votata a Dio pel rimanente de' suoi giorni, - Ei si fè Monaco ad Einsidler. - New-Toggenburg cadde in rovine.

II.

Federico Barbarossa nelle sue guerre di Lombardia ebbesi a condottiero di scelto drappello di Alabardieri il Conte Gottardo di Thirstein, il quale fu il primo a far sventolare il suo falco dall' ali distese in campo d' argento sulle mura di Tortona. Fra gl' incendj e la strage vi salvava il Cavaliero una donzella a cui erano stati trucidati padre e fratelli. All' Orfana offerse mano di sposo: e la tortonese fanciulla trovò nell' aretino castello una seconda patria.
Alla chiamata dell' Imperatore preparavasi Gottardo alla Crociata. Vuol accompagnarlo la Contessa, preferendo i perigli della guerra all' angosciosa separazione: no 'l permette il guerriero, chè i giorni della sua donna più de' proprj ha cari; e mare e peste e Saraceni, tutto paventa per essa, per sè non cura. - Parte, e fa mirabili prove in Oriente del suo valore, e al Barbarossa, che muor di peste sull' affricano lito, paga l' estremo tributo della fede che gli serbò senza macchia, accompagnandone le mortali spoglie al sepolcro.
Reduce al Jura natío in assetto da pellegrino, mutato in viso dal cocente raggio del Sol di Palestina, con folta barba che gli scendea sul petto, Gottardo s' introduce in Thirstein, e, venuto al cospetto della Contessa, premeditate fole dello sposo comincia a narrarle, spiandole in viso i segreti assalti del cuore. Alla sua voce si è desto un mastino che giaceasi da canto oppresso dagli anni; ed accorrendo fa festa al pellegrino e manda urli di gioja: quegli pone mano allo stocco; grida la gentil donna : - Non si maltratti il mastino; - E perchè mai? domanda il travestito: - Fu caro allo sposo mio: - risponde sospirando la Contessa. A quelle dolci parole getta Gottardo cappuccio e bordone: il castello, in cui per dieci anni avea regnato silenzio e lutto, echeggia di grida festose.
Or è deserto. V' appicca il nido la rondine sotto i vôlti rovinosi: la volpe e il tasso accovacciansi ne' sotterranei; notturni augelli si rifuggon ne' fessi de' muraglioni; e i caprifogli ne coronano il fastigio di mazzi di verzura, o pendon a guisa di festoni lungo le oblique feritoje. - Sullo spianato ove s' innalzò la torre del Conte mostrasi ora fra' macigni della base una cappelletta ed un romitorio. L' abita un Cappuccino dalla lunga e bianca barba, poetica immagine del tempo fra le ruine.

III.

I pittoreschi avanzi del Castello di Wildenburg si specchiano nel giocondo lago di Zug. Siffredo, che sul principiar del secolo XV n' era il feudatario, mantenea cogli Svizzeri buon vicinato. Tornatosene da poco dalle spedizioni d' Italia, ove accompagnato avea l' imperador Sigismondo, la pace costringealo nel fior degli anni ad un riposo di cui la sua ardente anima si tenea mal paga. A temperarne gli ozj scorreva i vicini monti, cacciando orsi e camosci, o diportavasi sul lago pescando. - S' imbattè un giorno in una barchetta entro la qual sedeva una fanciulla di maravigliosa bellezza.
Passaron molti giorni senza che Siffredo vedesse ricomparire la barchetta. Scoversela finalmente. Orsola Tornerz, così avea nome la donzella, vestita di gramaglia, covriasi gli occhi in atto di piangere. Il Barone la strappò al suo dolore con premurosa inchiesta. - Cosa mai può spingervi, dissegli gravemente la giovinetta, a voler penetrar le cagioni della tristezza d' una donna che vi è sconosciuta ? Ma poichè avete brama di conoscerle, nè ragione è in me di tacerle, sappiate che, abbandonando io domani per sempre questo paese ove nacqui, volgomi alla riva ove è sepolta da poco la mia genitrice, per ispandere l' ultime lagrime sulla sua fossa. - E in così dire si coverse nuovamente gli occhi colla mano. Siffredo si scostò.
Giunto appena a Wildenburg spediva un servo a Zug che gli recasse novella d' Orsola, e per qual caso dovess' ella lasciare l' indomani per sempre la patria. Tornava il messo in sull' alba del dì seguente, narrando che Orsola Tornerz pronunziar doveva quella sera medesima solenni voti nel chiostro di Fishingen; e che tra brev'ora se 'n partia da Zug co' parenti a quella volta.
Il Barone chiamò all' arme i vassalli: eran trenta, tutti valorosi: condusseli in sulla via che da Zug mette a Fishingen. Orsola fu rapita, e trasportata a Wildenburg.
La cronaca di Zug accenna con semplici parole il furore di Tornerz, l' onta de' cittadini, e la bandiera del Cantone, che, alla testa di ducento armati, si volse a Wildenburg e lo strinse d' assedio.
Siffredo erasi apparecchiato alla difesa: ma i feudatarj di cui aveva invocati e sperati i soccorsi, i Falckenstein, i Lentzburg, e sovratutti Tommaso l'incendiator di Brugg, abbandonaronlo, sia che li pungesse timore de' Confederati, sia che del commesso sacrilegio inorridissero: perciocchè niuna colpa veniva reputata a que' giorni più grave di quella che, con istrappar una vergine al chiostro, avea commessa Siffredo.
La fame costrinse il Barone alla resa. Pattuì salva la vita di tutti i suoi: della propria non fe' parola. Spalancò le porte del castello, e intrepidamente mosse incontro agli assediatori, dicendo: - io sono il solo colpevole: questa donna è innocente e pura come gli Angeli; - e teneasi per mano Orsola coverta il capo d' un velo nero. - Gliela strappa Tornerz, gridando: - vendetta! - Vasto circolo s' è fatto intorno. Il Barone è tratto in mezzo: ha nudo il collo; incatenate le mani; altero lo sguardo. Il vecchio fa balenar in alto la scimitarra: la testa di Siffredo è separata dal tronco.
Nell' istante in cui il ferro scendea rapido come folgore, s' udì un grìdo: Orsola era caduta a terra. Accorre Tornerz, e, colla mano grondante di sangue, le strappa il velo: - era morta!

IV.

Sul principiar del secolo XV i feudatarj dell' Alta Rezia si strinsero al popolo con equi patti, che vennero giurati a Trons. Taluno d' essi ruppe il reciproco accordo della lega, i Comuni pigliaron l' arme, e guarentiron con quelle le ottenute franchigie.
Enrico Brun, Barone di Râzaas, scostandosi dai generosi esempj del genitore, ch' era stato un de' fondatori della lega popolare, entrò a parte nel 1450 di quell' altra lega di gentiluomini, che, per opposizione alla Grigia, si denominò Nera. Fatto prigione sul campo di battaglia e tradotto dinanzi all' assemblea del popolo a Valendann, fu dannato per acclamazione a perder la testa come spergiuro e traditore.
Taceano appena le grida minacciose della moltitudine, che un vecchio le si presenta. Gli occhi bagnati di lagrime, la bianca capigliatura, l' età cadente, oggetto sempre per que' Montanari di veneranza, richiamano sul sovraggiunto l' attenzione di tutti. - Compatriotti! ; dice, voi vedete in me il compagno d' armi, l' amico del vecchio Barone di Räzaas: a molti di voi sovverrà d' avermi veduto con lui appiè dell' acero di Trons il dì del giuramento. Ricordivi come quell' uom prode e magnanimo gioisse in vedervi lieti delle franchigie ottenute; come, quasi padre tra figli, v' accogliesse nel suo castello, e tracannasse con voi, in mezzo alla letizia dei banchetti, numerose tazze di vino. - Il figlio infelice riconosce equa la sentenza con cui lo avete colpito, e vi si sottomette rassegnato. Ma, pentito com' è dell' error suo, vorrebbe prima di soggiacere alla scure sapere che in fondo del cuor vostro perdonato gli avete; e per averne un segno, implora una grazia da voi! -
- Parlate! parlate! s' udì gridar da ogni banda. - Già le accorte parole del vecchio aveano fatto succeder negli animi la pietà all' ira.
Piacciavi, ripigliò, siccome già faceste col padre, di banchettare per l' ultima volta anche col figlio. Gli addolcireste così la morte.
Questa domanda fu ascoltata con sorpresa ed accettata.
Per le preveggenti cure del vecchio una lauta imbandigione era in pronto: intantochè per l' erba in cui sedevan le turbe circolavan insieme colle vivande i coppi colmi di vino, il vassallo infaticabile tentava gli animi in favor del Barone. Cogli uni commiserava la giovinezza inesperta di lui: cogli altri malediva l' artifizio con cui i gentiluomini della lega Nera aveanlo tratto nella rete.
Poteron tanto la memoria dei beneficj del padre, la pietà che le parole del vecchio ispiravano, non che il buon umore che l' improvvisa inbandigione avea desto, che il perdóno del condannato fu ad unanimità proclamato. Sciolto da' ceppi, fra liete grida, giurò di mantenersi fedele alla lega Grigia; e lo fu sempre.

V.

Allorchè il giuramento di Trons, pose le fondamenta della libertà de' Grigioni, il Conte Enrico di Werdenberg-Sargans ributtò con asprezza i deputati de' suoi vassalli di Schams e di Rheinwald che, ad imitazione de' compatriotti, domandavano affrancamento da intollerabili gravezze ed eque condizioni di vassallaggio. Mostravasi così degno figlio di colui che i Glaronesi aveano sconfitto a Nafels. Nè contento di ciò scelse a Castellani di Burenburg e di Fardan due suoi satelliti d' anima abbietta e cuor duro, lor imponendo di far pesare sempre più grave su que' valligiani il giogo feudale. - Nè è da dire quanta fosse la desolazione per le due valli allorchè, in cambio dello sperato alleviamento, si vider sempre più malmenate, e intesero che sole in tutta Rezia eran dannate a rimanersi schiave. Avvezze ad obbedire chinaron tacita la testa; e quel silenzio fu creduto dai Castellani indizio di viltà.
Or vedi come gli eccessi della feudal tirannide e le popolari vendette si somigliano per tutto! Ti ricorda di Gessler, che, inviperito contro Stauffacher tenti con insidiose interrogazioni di cavargli risposte che abbiano a riuscirgli funeste, e s'irrita perchè al vecchio prudente nemmeno una parola incauta è sfuggita? Ti sovviene di Landenberg, che da un suo scherano facea staccare dall' aratore e via condurre i buoi di Melchthal, dicendo che i villani dovean essi stessi aggiogarsi all' aratro ?
Il Castellano di Fardan fecesi imitatore di quegli stolti e perigliosi esempj.
Sdegnato contro Chaldar per la fama che s' aveva d' uom prode, volle che in un podere di lui, ove già matura biondeggiava la messe, si spignesser polledri sbrigliati a sciuparvi ogni cosa. Chaldar sedea, riposandosi all'ombra, allorchè vide il servo che cacciava a furia per le biade i cavalli. Richiamollo, ma quegli rispose che obbediva al Sire. La pazienza venne meno al Montanaro: pose mano alla mazza di cui adoperava per ispaccar legne, e datosi ad inseguir i polledri che s' impacciavano ad ogni passo, con addoppiati colpi li ammazzò.
Fuggì il servo: il Castellano fece porre Chaldar in ceppi. - La costernazione fu generale per la valle; si temea per la vita del prigioniero. Il Castellano pose il suo riscatto ad alto prezzo: parenti ed amici multaronsi per fornirlo: Chaldar fu libero: ma non per questo si placò il Castellano con lui.
Osò venirne un dì alla capanna del vassallo, e lo trovò che sedea insieme alla numerosa sua famiglia intorno alla vasta pentola, piena di bollente zuppa, unico cibo di que' meschini. Stolto, infame ghiribizzo preselo in quel punto: sputò nella pentola.
Non è più rapido il baleno di quello fosse l' atto disperato del Montanaro fremente. Balzò sul Castellano, e, datogli di piglio nel collo, rovesciò le panche e trascinollo - infame! sclamando: tu solo assaggerai ciò che hai condito! - e gli ficcò la testa nel liquido fumante.
Il cadavere, deformato per si strana guisa di morte, giaceva ancora sul suolo, oggetto di terrore e ribrezzo; chè già Chaldar avea corsa la valle, chiamandola all' armi, narrando l' audace fatto, mostrando a dito il castello.
Corsero a Fardan: se ne impadronirono per sorpresa; smantellarono quelle mura esecrate. Esse coprono ancora lo scosceso scaglione dalle lor vaste rovine.
Da quel giorno la valle di Schams fu libera dall' oppressione dell' orgoglioso Conte di Werdenburg-Sargaas. Tentò egli di ricuperarla coll' armi: ma la Lega Grigia intervenne a favor de' compatriotti, e li ricevette nel suo seno, guarentendone così per sempre l' indipendenza e la franchigia.

VI.

Adamo, pastore di Camogask nell' alta Engadina, aveasi una figlia per nome Teresa così avvenente e gentile, ch' era un incanto. Sedeva ella una sera presso la porta del casolare a fianco del padre. Giunge un messo del Castellano di Guardovall, che, ponendo arditamente la mano sulla fanciulla, le comanda di venirne con lui, perciocchè il Sire la chiede; e aggiunge un motto, un sorriso che disvela abbastanza l' infame mistero dell' improvvisa chiamata.
Il vecchio - Torna al Sire, risponde: digli che domattina gli condurrò io stesso la figlia.
Parte il messo; e Adamo, traendosi dietro Teresa, non è capanna ove quella notte non penetri, ove con terribili parole non provochi i valliggiani all' ira, alla vendetta. Era compassionevol cosa vederlo implorar soccorso e pietà per la giovinetta piangente. - Salvatela, gridava con impeto disperato: facciamci liberi come i nostri compatriotti della Surselva: vi ricordi di Trons! - Risposegli per tutto un urlo di compianto e di sdegno.
In sull' aurora Teresa col padre s' avviò a Guardovall. Qua e là per l' alture eran gruppi che pareano di curiosi o sfaccendati. Dieron segno le scolte dalla torre. Balzò fuori il Castellano, e, giunto ov' era la tremante fanciulla, se la prese tra le braccia e baciolla. Adamo in quel momento gli piantò in petto un coltello: cadde e spirò.
I compagni d' Adamo scesero a furia dalle alture, e si precipitarono per la porta ancor aperta entro al castello.
Così Guardovall fu smantellato; e l' alta Engadina fu libera

. VII.

Michele Conte di Gruyery s' innamorò di Luisa, la figlia del capo-mandriano di Laxiema. Tentato avendo inutilmente di sedurla, si fè rader capegli e mustacchi, vestì il giubbone de' pastori, e così travestito se 'n venne all' alpe di Laxiema, implorando ospitalità. Niuno riconobbel, tranne la fanciulla che non fiatò.
Di cuor alto e generoso, bellissimo della persona, potè Michele ottenere che la pastorella all' amor suo corrispondesse: ma da quell' amore non si scompagnò mai l' innocenza.
Volaron rapidi i dì felici dell' estive pasture; e giunse il momento d' abbandonarle. Michele era tristo: viver senza Luisa pareagli omai cosa impossibile; sedurla, era vano provarvisi; di rapirla, non reggevagli il cuore. La fanciulla, che avea gelosamente tenuto ascoso ad ognuno ed allo stesso Conte, d' averlo riconosciuto, all' accostarsi del termine in cui dovea decidersi la sua sorte, si sentì opprimer da un' ansia affannosa che fe' sempre più certo il giovine d' esser amato, ed aggiunse possente alimento alla fiamma di cui ardeva.
Un dì (era l'ultimo della dimora sull'alpe) stavansi raunati intorno al Capo-mandriano i pastori, allorchè un d' essi richieselo di Luisa in isposa. Era costume allora, e lo è pur oggi, che le nozze accordinsi a' prescelti e mandinsi ad effetto tosto che la tribù pastorale s' è ricondotta al villaggio. Non parea dovervi aver dubbio sul consenso del padre di Luisa, per essere il richiedente un de' più agiati Mandriani del Comune. - Michele balzò in mezzo al circolo, ed afferrando la fanciulla, che impallidiva, per mano: - Non sarà vero, sclamò, ch' ella mi sia tolta! - E chi se' tu, disse il vecchio, che sì altero parli tra noi! - Sono il vostro Sire. - Lo stupore occupò gli animi in quel punto: il Conte proseguì: -Vedete, amici, a che amor m' ha condotto. Non accigliarti buon vassallo: io ti restituisco pura la figlia tua, ma per chiedertela in isposa; - e chinato a terra dinanzi a lei un ginocchio le pose in dito l' anello.
Il bailo triburghese mi narrò questo gentil caso nel pittoresco Castello di Gruyery.

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Or che ne dite, mio Signore, di questi fatti, ch' io scelsi poco men che a caso tra cento, della cui verità, sulla testimonianza di Ischudi il padre della Storia Svizzera, d' Ulrico Campell il Cronista delle Leghe Elvetiche nel secolo XV, e dello Zurichese Bullingero, ardisco farmivi mallevadore. Non sono essi tali da fornire a taluno de' futuri vostri Drammi, toccante e nobil tema ?
Orsola Tornerz, uccisa da misteriosa angoscia, vi suggerirebbe scene improntate d' alto dolore. Sapreste ispirar pietà dello sciagurato Enrico di Toggenburg: il ritorno del Crociato si vestirebbe per voi de' più vivi e geniali colori: in Teresa di Camogask fareste rivivere Virginia non men pura, più fortunata: colla pia accortezza del vassallo di Razaas, coll' impeto disperato di Chaldar ci porreste vivi innanzi quegli uomini semplici e forti del medio evo, in petto ai quali non affinate da civiltà ferveano le passioni: con tinte gravissime sapreste colorare gli amori di Michele e di Luisa.
Or che morto è Viganò, quale è di voi più valente prestigiatore sulle scene italiane ?

In "Strenna italiana per l'anno 1836", 3 (1836), pp. 131-145. - Segnatura: 18.22.C.21
La Strenna italiana era pubblicata a Milano da P. Ripamonti Carpano
Revisione 2 maggio 2001

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