Alla memoria di Giacomo Maria Foscarini

di Tullio Dandolo

In sull'aurora degli anni, morte mi rapìa il Genitore; e dileguavansi con lui nella tomba i sogni dorati che sua venerevol canizie mi dipigneano di mia giovinezza ornamento, del mio cuore allegrezza, dei miei figli benedizione...

Ma tutto perduto io non avea: restavami del padre emanazione ancor sulla terra nel cuore angelico della Genitrice, nel generoso petto di quattro vegliardi, che al defunto portarono sin dalla prima età, calda, intemerata amicizia.

Tra que' cinque che mi risguardavano siccome deposito alla lor fede commesso, pareami veder l'ombra amata di continuo aggirarsi, ed alle sorti dell'orfano presiedere sorridendo....

Ohimè! Dove n'andaron essi? Si sono dunque spezzate le anella di quella catena che mi fu quasi vita?

Manenti! Candido vecchio! Tu che per tant'anni la prospera e l'avversa fortuna del mio buon Padre dividesti, e morente l'accogliesti tra le tue braccia, supremo uffizio rendendogli che la provvidenza al figlio di prestar non concesse, il gelo di sedici lustri spento non avea nella tua anima tenerissima il dolce sentire che fecerti delizia di tutti che ti conobbero, e di me fanciulletto: morivi pochi giorni dopo a Dandolo tuo: nemmeno la fossa poté dividerti da lui.

Foscarini! Jeri io ti credeva ancor vivo: jeri sentiami ancor forte de' tuoi consigli, altero del tuo affetto; que' consigli che m'ebber salvo tante volte da sventura; quell'affetto che quanto fuor della tua famigliuola collocar potevi, tutto sovra il mio capo ponesti, novello figlio alla tua Cammilla, fratello di adozione al tuo Benedetto!

Ecco! mi sta innanzi il foglio che l'altro dì tu vergasti! E che mi scrivi tu in questo? Di mie confortevoli novelle bisognare; a te queste novelle recar mai sempre pace, letizia, tregua a' fisici malori che ti assediano; non dover io essertene avaro; tuo medico esser io veramente tutte le volte che della mia felicità ti fo securo, che il saluto ti porgo della mia dolce compagna, il lieto augurio d'entrambe. - Così scrive uom settuagenario ad uom di trent'anni! Tanta fiamma d'affetto e di vita si accoglie in quel cuore! - E quella vita s'è spenta! E quel cuore ha cessato di battere!... Come sanare la mia ferita? Quali affetti occuperanno il vuoto che morte lasciò? Giovine amico mi sarà egli padre, benefattore qual tu mi fosti?...

I misteri del dolore cominciano a rivelarmisi. - Due epoche d'angoscia aspettano l'uomo al varco: segna la prima il dileguarsi della generazione che lo precedette; segna la seconda lo spegnersi della generazione cui egli stesso appartiene: una scavò la fossa de' Genitori, dei lor canuti amici; l'altra le tombe spalancò di coloro co' quali tra 'l riso e 'l pianto corremmo il breve stadio della vita: misero quegli cui terza epoca di sventura fu riserbata: schiudere a' proprii figli il sepolcro! - Ecco! già muovo passi affrettati nel primo stadio del dolore... già gli affetti più soavi mi preparano forse il secondo... Ah! dal secondo e dall'estremo salvami gran Dio! Io già pagai, Tu 'l vedi, mio tributo di pianto!...

E dove sono gli amati capi che tuttor mi rimangono?

Compagnoni, che, il voto dell'estinto amico rivelando, mi additò la compagna cui fidar dovea la felicità de' miei giorni, da grave morbo è travagliato. Già s'affievolisce la viva face che tanto lume per l'Italia tutta diffuse...

Stella, il compagno delle paterne peregrinazioni, l'ospite antico, giacesi anch'egli disteso nel letto del dolore...

Primo anello, già pressochè solo rimaso della spezzata catena tu mi resti o Madre! Deh restami tu lungamente! Nel tuo viso raggiante salute e bontà io attingo avidamente conforto... Tu li conoscesti questi cari ch'io piango: di'! non furon essi degni dell'amistà dell'illustre tuo Sposo, della mia filial reverenza?

Ma vedo brillare sguardo che tra le lagrime pietosamente in me s'affisa. Tu mi rimproveri o mia Giulietta di pianger solo: Ah sì! rechiamo uniti il dolor nostro a quelle sagre urne! adduciamvi i figli: vedendoci sconsolati, imparino che tutto non è riso sulla terra, ed elevando con noi le innocenti palme al Cielo, invochin anch'essi pace all'anime dei nostri cari, eterno riposo all'ossa loro!...

Padova, 6 Aprile 1833.



APPENDICE

Cadde la Veneta Repubblica; e videsi per la prima volta sventolare, signor delle Lagune, vessillo che quello dell'Evangelista non era. A due anime generose incomportabile saria spuntato quel dì, se volontario esiglio in cerca di patria novella tratte non le avesse. - Dandolo e Foscarini dissero Il supremo vale a Venezia abbandonando fonti d' onorate dovizie, che avrianli in brev'anni condotti all'opulenza.

Drizzaronsi essi a diversa parte; qual de' due, fermando, troverà alle mutate fortune conveniente stanza, l'altro partecipe ne renda; acciò nuovamente tornino uniti a ricordar della patria sventurata, unico dell'emigrazione alleviamento.

Dandolo la Bassa Lombardia corse, l'Alta Foscarini, cui amorosa pia compagna era a fianco, che dopo molt'anni dal dì delle nozze il talamo ancor infecondo sospirava; e maggiormente sospiravalo in quegli angosciosi giorni, nei quali a più soavi affetti è unicamente serbato recar balsamo alle ferite del cuore.

Giungea Foscarini a Varese. - La lontana prospettiva dell'Alpi nevose, il vicino riso di colli fiorenti, il giocondo bacino di case, di ville disseminato, e il limpid'aere, e 'l lago, e 'l Santuario, piacquer all'esule veneziano si forte, che là divisò rimanersi; e a Dandolo suo scriveane, il quale accorso dalle rive del Po, il divisamento dell'amico a stelle recava; e le dimore appigionavansi, e i campi compravansi, e splendea finalmente su que' volti raggio di letizia.

Simili pel sentir generoso, differiano tra loro i due amici per le tendenze dello spirito. Dandolo aveasi gran che di espansivo, Foscarini di concentrato: uno la vita risguardava siccome arringo cui sta bene appresentarsi col sorriso sulle labbra; l'altro teneala in conto d'arringo che affrontare non vuolsi che con viso a serietà composto: piuttosto credulo il primo, piuttosto suspizioso il secondo: quegli cui tutto con bei colori faceasi avanti; questi, allo sguardo introspiciente del quale segrete pecche dappertutto si rivelavano. Se i due amici avesser dovuto alla foggia degli antichi alzare a proteggitrici divinità espiatorio delubro, uno v'avria scelto in fronte - Dis bonis ut faveant - l'altro - Dis, malis ne noceant. -

Ferveano le cisalpine cose. - Foscarini sull' anima del quale doloroso disinganno pesava, oltre i confini de' proprii campi sua ambizione spigner non volle. Dandolo che già nobil grido avea di sè alzato siccome della chimica pneumatica banditor primo in Italia; e dell'aura inebbriante della popolar concione, già s'era a Venezia ispirato; al Gran Consiglio della Repubblica ascritto, faceavi di sua eloquenza meravigliati gli ascoltatori, le più ardite tesi con vittoriosa lena trattando improvvisando. E all'oratore che di romoroso plauso avea fatta testè rintronare la sala del nazionale convegno, ed a' campi amati si riconduceva, faceasi incontro Foscarini, e le nuove scambiavansi; qual di leggi, di guerre narrando; qual di viti, d'armenti; un le procelle del politico arringo; l'altro innesti, o dissodamenti descrivendo. - Anime virtuose! E volavano intanto vostri di! E mitigavasi il dolore della patria perduta!

A mitigar vieppiù quel dolore, zimbello anch' essi d' avversa fortuna, compatriotti, amici sovraggiugneano, a' quali non erasi lasciata nè manco invocar ospitalità, ma case e averi spontaneamente offeriansi; e Fabris il collaborator di Vincenzo in compilar le note alla fisica del Poli, e Rota ottuagenario, uom di robusto intelletto, di non comune dottrina, e Manenti, e Stella, quasi a porto nel naufragio, riparavano a Varese; e gentil gara tra due che aveanveli preceduti accendeasi, qual de' sovraggiunti alla propria casa ciascun traesse. - Nè trattavasi allora temporaria stanza concedere: ad uomini che fortuna di tutto avea spogli, trattavasi per la vita tutto profferire; e tutto profferiano a' quattro ramminghi Dandolo e Foscarini; tutto essi volonterosamente accettavano; e veneziana colonia fioria appiè dell'Alpi; allorchè improvviso turbin di guerra annunziò gli Austro-Russi all'Italia. Fu mestieri a Dandolo con novello esiglio porre in salvo da temuta proscrizione, suo capo. E gli amici a chi fidarli intanto? A chi la decrepitezza del suo Rota? A chi l'ingenua semplicità del suo Fabris? - Ma non v'è Foscarini? A lui, e questi, e gli altri commettansi: - e la veneta colonia orfana d'un de' suoi capi, tutta nella modesta casa dell'altro si raccolga.

Dandolo trovò a Parigi nella benevolenza di Berthollet e di Buonaparte, con quello di scienza, con questo di politica ragionando, ristoro al suo cruccio. Ma presto si vide riaperte le vie al ritorno. Ed oh! con qual gioia non si trovò egli ricondotto in mezzo a que' cari che aveanlo pianto lontano! - E si fu allora che acquetatisi gli italiani trambusti, vaghezza il punse sua vita tumultuosa ed errante sino a quel dì, co' vincoli soavi di casto amore, render adorna.

Cammilla, la sposa del suo Foscarini, avealo coll'esempio delle domestiche virtù reso amador delle coniugali dolcezze. In leggiadra giovinetta d'urbana famiglia nata, di niuna fortuna, orfana di benemerito padre, delle sollecitudini di tenera genitrice incessante oggetto, suoi affetti collocò. Nel fior degli anni con quel suo atteggiarsi pieno di nobiltà e di grazia, con quel suo viso spirante le virtù del cuore, come non avrebb'egli trovato nella candida fanciulIa corrispondenza? - Mano di sposo proffersele: ella fu sua.

Sante contentezze di virtuoso amore! Quante volte non vid'io le pupille del mio buon Padre di soave pianto bagnarsi in ricordarvi! Quante volte non udii la Madre mia il domestico tripudio rammentare, allorché fu palese che il talamo non rimarriasi infecondo? E Foscarini segreto involontario palpito avvisava, a lui tanto gaudio essere da lunghi anni niegato. Or ecco sgombrarsi dalla sua fronte la nube; rivalità della sposa novella punse la sposa antica: due bambinelli vedranno la luce quasi ad un tempo: due battesimali feste allegreranno a breve intervallo: i tetti ospitalieri.

Ma le paterne consolazioni non fanno porre in dimenticanza a' due amici i doveri che alla patria di adozione li lega: alla medesima meta si volsero. - E qual meta aver poteavi a que' dì più gentile, più spontanea, più profittevole dell'agricoltura? Quell'arte tutta italiana che primo Catone poi Columella insegnata aveano a' conquistatori della terra; ispiratrice ad Alamanni, a Ruccellai, a Redi di versi che avean saputo d'alcun riso cospargere il trambusto delle civili guerre; che da Teocrito al gentil cantore della pastorizia, da Cincinnato a Wasington [sic], fu cara in ogni tempo alle anime generose; l'agricoltura giaceasi vituperosamente negletta, e di mano possente ed amica bisognava che al giogo di stupide consuetudini strappandola, cosi alto recassela da mostrarsi degna delle scienze sorelle, a nuova luce tornate.

Cereali, boschi, gelsi, agrarie rotazioni diventano per la Veneta colonia tra' Varesini colli stanziata, tema inesauribile di meditazioni, di sperienze: Foscarini più particolarmente a perfezionar la vinificazione intende: Dandolo gregge di merini d'oltra i Pirenei facendo che appiè dell'Appennino si trasporti, schiude via non ancor tentata d'ingentilire le lane nazionali. Recandosi in braccio lor pargoletti, in mezzo al crocchio de' comuni amici, alla viva fiamma del domestico focolare, i due padri di famiglia protraggono le lunghe sere invernali, di lor agricole bisogne piacevolmente disputando.

Chiamata di chi tutto potea a que' giorni, Dandolo appella a governar la Dalmazia. Tenendosi in mano il Napoleonico rescritto Vincenzo è corso da Foscarini. Accetterà egli, o ricuserà? E la dolce vita de' campi? E gli studii intrapresi? E la beata famigliuola? - Lo rincuora l' amico. Accetti: sua mente vasta, suo animo bollente, a maggiori cose chiamarlo: doversi alla patria proprio tributo pagare. La Dalmazia bisognar d'un padre: un padre in Dandolo trovi.

A quelle parole s' arrende Vincenzo: a Foscarini gli amici raccomanda: cambian essi per la seconda volta di tetto; chè l'ospitalità dell'uno non è meno spontanea dell'ospitalità dell'altro, e quegli che dell'amichevol convegno è ornamento e delizia, alla lontana terra si volge, ove un popolo riconoscente lo proclamerà in breve a suo benefattore.

Trascorron tre anni. La salute del Dalmatino Provveditore già vien meno tra cure gravi e pungenti: L'aure del suo Varese invoca: tra quelle decreto sovrano lo riconduce che Senatore dell'Italico regno lo elesse.

Ecco Dandolo ridonato a' suoi cari! Corrongli festosi incontro. - Ma Rota non v' è! Ha pagato estremo tributo alla natura: morì. - Riprende il reduce gli studii interrotti. Narragli Foscarini suoi mille sperimenti, moltiplicansi i tentativi; e a quelle cure piacenti breve distrazione arreca imperial lettera che Vincenzo delle pompe che accompagnar denno il battesimo del Re di Roma, testimonio appella: piacque a Napoleone salutare una seconda fiata l'illustre Veneziano.

Dalle feste parigine Dandolo s'è ricondotto a Varese. Là dell'Enologia all' Italia fa dono; e siccome libro che a Foscarini per molta parte, avuto rispetto a' comuni studii, appartiensi, a lui lo intitola con dargli pubblica e leal testimonianza di gratitudine.

Col mutarsi della Francese e dell'Italiana fortuna, Dandolo ha spogliato il senatorio manto; ma non ispogliò con quello la brama intensa di beneficare al suo paese. La miglior coltivazione dei bachi da seta si associerà anco pei posteri più remoti alla memoria delle grandi ed utili innovazioni che Dandolo a questo ramo, il più importante dell'italiana agricoltura, arrecò: essi diranno quanto Lombardia e Piemonte gli debbano; e qual inesauribile scaturigine di ricchezze all'Italia tutta rivelò e dischiuse.

Morte sorprende l'infaticabil Vincenzo ch' ei toccò appena il terzo decimo lustro. - E i canuti amici? - Fabris è lontano, scambiò l'ospitalità Varesina in non prevedute agiatezze. Stella dirige fortunate speculationi librarie.- Foscarini mal fermo della salute, attende a Milano all'educazione del figlio. Ma la casa di Dandolo non s'ebbe mai di candidi amici, d'affettuosi ospiti, inopia - Compagnoni, Manenti, Montani, voi che porgeste al morente ultimo conforto di pianto, il figlio di Vincenzo vi benedice! Suoi sguardi supremi, dal pallido viso della consorte, erraron sui vostri volti d'inenarrabile angoscia improntati!...

All'orfano, padre novello s'è profferto. E chi tanto di sè presume? ... Foscarini. Ei tien dietro con ansia irrequieta al giovinetto sì precocemente arbitro di sè medesimo lasciato: sua voce or mite, or severa, consigli, supplicazioni gli porge: insidie gli scovre; perigli appalesa: festeggiagli con evviva il dì delle nozze: Foscarini quel profondo, quel diffidente conoscitor degli uomini pronosticava a Tullio felicità; e il presagio si compie...

Ah! perchè non ti rimanesti con noi?... che farà senza di te il mio fratello d'adozione, il tuo ingenuo Benedetto? Che farà la giovinetta sua sposa, quella che tu stesso sciegliesti ad ornamento della tua famiglia, a consolazione della tua vecchiezza? Che farà il drappello d'angioletti che intorno al nonno brulicava garrulo e festoso? Che farommi io sconsolato che si cara abitudine m'ebbi sin dalle fascie d'amarti, d'obbedirti?... Guardaci tutti dalle sedi dell'eterno riposo, ove alla tua Cammilla, al tuo Vincenzo ti ricongiungesti: e versa sulle nostre anime travagliate rassegnazione e conforto!...


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