di Emilio Praga
Che fantasima d'abate
ho scontrato stamattina,
sul sentier della collina!
Pover'uom, per esser frate,
era magro e curvo e smorto:
certo il pranzo troppo corto
il convento non gli dava...
di che fame dimagrava?
Sotto il saio pien di tarlo,
che animal ci ha posto il dente?
Mal di corpo o mal di mente?
Io non seppi indovinarlo,
ma, scommetto un principato,
qualche diavol vi è incarnato;
quella testa aveva il conio
dell'alcova di un demonio.
Tra una pelle liscia, gialla,
scintillavan, come faci,
occhi ceruli e rapaci,
segno questo che non falla;
ed il naso uscia schiacciato
monco, nero, raggrinzato,
come il naso di un chinese,
strano pur nel suo paese.
Con tai passi venia avanti
da raggiungere uno struzzo,
seminando un certo puzzo
di tabacco e unguenti santi,
che pareva un letamaio,
e, battendo dentro il saio,
il suo corpo roso e cotto
dava il suon di un vaso rotto.
Si fermò... prese a guatarmi
colla faccia arcigna e dura:
guardò poi la mia pittura
e partì senza parlarmi:
al risvolto di una via
sghimbiò lesto, fuggì via...
io ne vidi il cupo aspetto,
tutta notte, accanto al letto!