Il progetto di riproduzione digitale delle legature d'arte della Biblioteca Nazionale Braidense di Milano.

di Guido Mura

La mostra dedicata alle legature di pregio della Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, aperta nei locali della Biblioteca dal 18 aprile al 22 giugno 2002, a conclusione di un lungo e approfondito lavoro di ricerca effettuato da Federico Macchi, è stata un'occasione per la riscoperta di un patrimonio di cui sia gli studiosi che gli stessi bibliotecari avevano scarsa conoscenza.
L'emergere di tale patrimonio, finora non sufficientemente tenuto presente, ha prodotto effetti positivi anche sul piano della conservazione.
Finora gli oggetti erano, almeno in gran parte, collocati in locali inaccessibili a persone esterne, il che garantiva una buona protezione dai furti; ma non erano in alcun modo protetti dall'usura, prodotta soprattutto dal contatto con altri volumi collocati negli stessi scaffali. Solo alcuni, quelli riconosciuti come più pregiati o già sottoposti a restauro, erano stati inseriti in contenitori appositi o avvolti in un panno. Il materiale è tuttora, nel complesso, in discrete condizioni, a parte qualche esemplare che ha subito danni evidenti: si tratta però in questi casi di danni verificatisi in epoca precedente all'ingresso del volume in biblioteca. Per evitare il logoramento delle pelli e della decorazione e mantenere il più a lungo possibile gli esemplari nell'attuale stato di conservazione, la biblioteca ha stabilito di aumentare il livello di protezione fisica dei volumi, mediante l'utilizzo di sovraccoperte. Una forma indiretta di protezione verrà garantita invece dalla riproduzione digitale del materiale. La riproduzione digitale, infatti, se non costituisce essa stessa un sistema di conservazione, ha il pregio di causare una diminuzione del prelievo del materiale digitalizzato. Infatti, lo studioso, disponendo delle immagini digitali, potrà operare una selezione preventiva dei volumi che ritiene necessario consultare direttamente, evitando di compilare la richiesta di consultazione per un più consistente numero di oggetti.
La Biblioteca Nazionale Braidense aveva iniziato la sperimentazione di una riproduzione digitale diretta, senza la mediazione di una preesistente immagine fotografica, nel 1999, quando era stato realizzato un primo CD-ROM sperimentale, comprendente una serie di immagini e di schede dedicate alle legature di area tedesca appartenenti al Fondo Gerli della Biblioteca.1
In previsione di una mostra che presentasse il materiale appena catalogato e a conclusione della prima fase del lavoro curato da Federico Macchi, mi venne proposto dallo stesso studioso di elaborare un nuovo progetto di riproduzione digitale degli esemplari più interessanti dei secoli XV e XVI. A seguito di tale progetto, sono riprese le operazioni di acquisizione diretta in formato digitale 2 delle legature di cui era prevista l’esposizione.
La riproduzione è stata effettuata tenendo presenti le raccomandazioni elaborate dal progetto per la Biblioteca Digitale Italiana e considerando in modo realistico pregi e limiti degli attuali strumenti per la realizzazione di immagini digitali.
Le modalità di progettazione e di esecuzione della maggior parte delle operazioni di acquisizione digitale in corso partono da presupposti non del tutto esatti. Prima di tutto, si mira a realizzare enormi banche di immagini, la cui manutenzione impegnerà nel tempo notevoli risorse economiche e il cui storage è notevolmente pesante, anche in termini di spazio fisico.3 Il presupposto di queste operazioni è che sia opportuno e necessario conservare per un considerevole numero di anni le immagini digitali su un supporto stabile e duraturo, che attualmente non esiste, dal momento che non vi è alcuna garanzia sull'effettiva durata dei supporti ottici o magnetici disponibili sul mercato. Pertanto, bisogna prevedere che venga effettuato il salvataggio dei dati su nuovi supporti prima dell'eventuale obsolescenza dei vecchi supporti e dei sistemi di lettura originali. Per garantire invece la consultabilità dei prodotti digitali al di là delle possibili trasformazioni delle attrezzature hardware e dei software, si raccomanda l'adozione di un sistema di metadati, che consenta di conservare tutte le informazioni di natura tecnica sulle immagini, sulle loro caratteristiche e sulla loro creazione. Anche questa operazione però può avere costi notevoli e non mette totalmente al riparo da improvvise e complesse trasformazioni tecnologiche.
Soprattutto, bisogna evitare che i considerevoli sforzi economici che comportano i progetti di riproduzione digitale possano costituire un alibi per dedicare minore impegno alla conservazione degli originali. Le immagini digitali dovrebbero essere considerate come semplici riproduzioni, utili per diminuire le occasioni di utilizzo diretto dell’originale e per garantire una più ampia diffusione del libro o dell’oggetto che rappresentano, ma bisogna tener presente che ogni riproduzione, fotografica o digitale, costituisce un’interpretazione, spesso fedele, ma mai identica, di un originale, e che quanto più un’opera ha rilevanza artistica o documentaria tanto più lo studioso riterrà necessario prenderne visione o effettuarne nuove riproduzioni, che evidenzino meglio gli aspetti di suo specifico interesse. 4 Inoltre, gli sviluppi tecnologici sono al momento solo in parte prevedibili e pertanto nessuna ripresa, fotografica o digitale, per quanto di ottima qualità, potrà essere considerata né eterna né definitiva. Probabilmente, per numerose tipologie di oggetti, si perverrà ad una modellizzazione dell’originale, piuttosto che ad una sua riproduzione in piano, rendendo obsolete le precedenti rappresentazioni bidimensionali. Pertanto, è probabile che gli sforzi organizzativi ed economici per assicurare una lunga durata ai prodotti delle operazioni di acquisizione digitale risultino in definitiva abbastanza inutili e addirittura pericolosi, se producono l'effetto di sottrarre risorse ai programmi di conservazione degli originali, che, se mantenuti in buono stato, potranno essere in futuro riprodotti con tecnologie più avanzate e comportanti minori rischi di degradazione dell'esemplare.
L’operazione di riproduzione in formato digitale delle legature antiche e di pregio della Braidense è stata condotta pertanto tenendo presenti vantaggi e limiti del prodotto digitale attuale. Le riprese mirano fondamentalmente ad ottenere immagini stampabili per fini editoriali e a creare nuovi strumenti di conoscenza del patrimonio della biblioteca, che ne consentano una più ampia diffusione, limitando nel contempo l'uso diretto degli oggetti originali.
La riproduzione si è posta l'obiettivo primario di ottenere una stampa di qualità a grandezza naturale (in cui cioè le dimensioni di stampa corrispondessero a quelle dell’originale). La ripresa è stata effettuata però ad una risoluzione decisamente superiore a quella consigliata per la stampa e questo ha consentito di ottenere un notevole ingrandimento di alcuni particolari delle immagini, senza che ne derivasse un avvertibile peggioramento della qualità di stampa. Le immagini realizzate vengono per ora conservate su CD, ma potranno essere riversate e mantenute, per lungo tempo, anche su altri supporti. Il formato utilizzato, il TIFF in versione non compressa, è al momento uno dei più stabili e diffusi. Da queste immagini sono state ricavate riduzioni destinate alla visualizzazione su computer e alla trasmissione via rete. Le legature, esposte in una sorta di mostra virtuale, sono visualizzabili su Internet in due versioni, rispettivamente dell’altezza di 500 e di 1500 pixel, sul sito http://www.bookbinding.it, attivato a partire dal 12 aprile 2002.

La riproduzione dei libri rari e di pregio ha finalità differenti e mira a ottenere realizzazioni sostanzialmente diverse da quelle originate dalla riproduzione di materiale tendenzialmente effimero e di meno agevole conservazione, come ad esempio i giornali del secondo Ottocento e del Novecento o le riviste culturali, di ambito umanistico o scientifico, che sono state finora tra gli oggetti privilegiati dei progetti di acquisizione digitale. Se per questo materiale la digitalizzazione si può porre un obiettivo anche idealmente o parzialmente sostitutivo dell’originale, per il quale non si può garantire una durata pari a quella del materiale manoscritto di età medievale e dei libri stampati prima dell’introduzione della carta di pasta chimica, per il materiale antico, in genere, una sostituzione da parte del prodotto digitale non è nemmeno ipotizzabile. La stabilità dei supporti alternativi, in presenza di un originale ancora valido e fruibile, diventa decisamente meno essenziale. In questo caso l’eventuale danneggiamento dei supporti informatici è da valutare in termini meno catastrofici; la stessa manutenzione del prodotto digitale potrebbe diventare opzionale, qualora dovesse risultare più costosa di una nuova operazione di riproduzione. La riproduzione digitale diventa per questi oggetti non una forma di conservazione ma uno strumento utile per ottenere una più ampia diffusione dell’oggetto stesso come icona e dei suoi contenuti, testuali e iconografici.
In particolare, un prevedibile sviluppo delle modalità di riproduzione e visualizzazione comporterà per gli oggetti a tre dimensioni, come le sculture, i manufatti architettonici o, appunto, le legature, la realizzazione di output tridimensionali che potrebbero rendere del tutto obsolete le immagini acquisite attualmente a due dimensioni con tecnologia digitale o mediante fotografia chimica.
Strutturalmente, l’immagine d’arte, in cui il colore è spesso elemento fondamentale, è cosa ben diversa dal materiale solitamente oggetto di ampie iniziative di trasposizione in formato digitale. In queste il materiale da sottoporre a scansione, primaria o secondaria (da microfilm), ha il suo principale interesse nel contenuto. Tant’è vero che anche progetti assunti quale modello, come l’americano Jstor,5 privilegiano gli aspetti contenutistici rispetto a quelli grafici, limitandosi a un’acquisizione di tipo bitonale; mentre il buon livello della risoluzione (600 dpi), mantenuto anche nella scansione di grossi formati e fogli ripiegati, acquisiti per quadranti, è motivato principalmente dalla necessità di utilizzare le immagini per ottenere una versione elettronica del testo mediante l’uso di programmi di OCR. Questa attenzione ai contenuti testuali, che risulta fondamentale e pienamente giustificata per il materiale periodico, ma anche per le comuni monografie, non ha motivo di essere per la riproduzione d’arte, che deve porsi come obiettivo invece una fedele resa cromatica sia nella visualizzazione che nella stampa dell’immagine acquisita.
Anche dal punto di vista operativo, i lavori di riproduzione di oggetti d’arte come le legature pongono problemi differenti dalla riproduzione di documenti piani. L’oggetto legatura è un insieme a tre dimensioni, in cui anche singoli elementi presentano una planarità imperfetta, ed è quindi da trattare con sistemi di riproduzione che tengano conto di tali caratteristiche.
La ripresa andrà condotta perciò utilizzando, quando necessario, un’apertura di diaframma piuttosto bassa, per ottenere la massima profondità di campo compatibile con l’illuminazione. Avranno una notevole importanza l’impostazione e l’intensità delle luci. Operare con lampade di qualità professionale è fondamentale per ottenere un’efficace rappresentazione della colorazione dei cuoi e degli elementi decorativi delle legature, così come è indispensabile servirsi di un sistema di riproduzione digitale dotato di un ottimo sensore. Risulta inoltre opportuno disporre di un sistema di scansione che non sia studiato, come avviene per gli scanner piani, espressamente per l’acquisizione di documenti bidimensionali. In realtà l’uso di uno scanner piano di buona qualità e con sensore CCD non deve essere escluso in assoluto; bisogna considerare però che non è sicuramente in grado di ottenere delle immagini valide in tutte le occorrenze.
Le attrezzature utilizzate nel laboratorio di riproduzione digitale della Biblioteca Nazionale Braidense per la riproduzione delle legature sono costituite da un banco ottico equipaggiato con dorso digitale Betterlight Super 8000 per la scansione di originali a colori. Lo stativo ha un’altezza di 150 cm, il che consente la riproduzione di volumi fino a 50 x 70 cm; l’unico limite è quello determinato dal programma, che gestisce file di 244 MB senza interpolazione e fino a 500 MB con interpolazione. Di conseguenza, se risulta possibile riprendere oggetti di formato A4 ad elevata risoluzione (tra i 600 e i 1000 dpi), vi sarà un limite di 300 dpi per poter gestire le immagini di massima dimensione, quali mappe, carte geografiche o fogli ripiegati.
L’illuminazione, di tipo daylight, è garantita da due illuminatori a luce continua, provvisti di box intensifiers e integrati, se necessario, da due ulteriori banks, simili agli intensificatori in tela che vengono inseriti intorno alle lampade per evitare la dispersione luminosa e per meglio convogliare la luce sugli oggetti da riprendere. Queste strutture vengono collocate in posizione quasi verticale sui due lati larghi del tavolo di ripresa; la prima addossata all’asta dello stativo, l’altra situata quasi al margine esterno del tavolo. L’uso di intensificatori è spesso sufficiente per assicurare una discreta illuminazione anche sui lati lunghi del volume, senza creare, come l’illuminazione diretta, effetti di riflessione, che soprattutto sui dorsi in cuoio lucido vengono visualizzati come strisce bianche. In alcuni casi, per evidenziare le impressioni a secco o le dorature, si è utilizzata una sola lampada oppure si è preferito illuminare l’oggetto in modo indiretto. Per evitare le variazioni di intensità luminosa nel corso delle riprese, queste sono state effettuate a finestre chiuse, con luce ambiente artificiale stabile. Il sistema, che si avvale delle prestazioni di un Power Mac G4 con processore da 733 MGH, dispone di un software di acquisizione che rende possibile intervenire su svariati fattori: colore, luminosità, contrasto, sensibilità, tempi di esposizione, area di acquisizione, fuoco, integrandosi molto bene con la regolazione manuale del banco ottico.
Le tecniche e la risoluzione scelte per il lavoro sono assai simili a quelle consigliate per la riproduzione digitale di manoscritti e di fatto utilizzate finora in alcuni progetti di alto livello, come, ad esempio, quello dell’Università di Oxford (Early manuscripts at Oxford University), relativo ai manoscritti miniati.6
Allo scopo di evidenziare l’immagine e facilitare il lavoro di eliminazione dei contorni in previsione della stampa, si sono utilizzati due sfondi: il primo, di colore chiaro, per le legature in pelle scura, il secondo, di colore blu, per le legature in pergamena o in pelle chiara.
Le immagini realizzate sono risultate di notevoli dimensioni, tra i 70 e i 220 MB in formato non compresso.
I maggiori problemi riscontrati nelle riprese sono derivati dalla necessità di creare, al di là delle immagini destinate alla stampa, dei file TIFF di archiviazione ad alta definizione. Questo ha reso necessario utilizzare una notevole percentuale del riquadro di ripresa, avvicinando il più possibile la camera al libro, per ottenere immagini con una discreta risoluzione. Si è posto anche il problema di inserire direttamente un riferimento metrico accanto all'esemplare da riprodurre, per assicurare un’immediata interpretazione, senza dover ricorrere alla consultazione della scheda per valutare le dimensioni del libro e quindi ricavarne la risoluzione reale dell’immagine. Poiché la ripresa contestuale di un righello poneva ulteriori problemi di illuminazione e rallentava eccessivamente i tempi di acquisizione, si è deciso di segnalare semplicemente l’altezza del volume mediante l’ inserimento di un elemento testuale attraverso il programma di fotoritocco. La misura segnalata è l’altezza massima in millimetri dell'elemento riprodotto (solitamente il piatto anteriore).
Le legature, con qualche eccezione, non sono state sottoposte a particolari forme di restauro o di pulitura prima della riproduzione; pertanto, le immagini conservano le macchie, le abrasioni e le asperità degli originali. L’unico intervento effettuato è stato, in alcuni casi, una lieve pulitura, che ha ridotto la patina di polvere senza provocare alterazioni nel cuoio. La correzione mediante software dell’immagine ha volutamente evitato di alterare lo stato della legatura reale e si è limitata a rendere più simili al vero colori, contrasto e luminosità, senza intervenire, se non in via eccezionale, su macchie e abrasioni.

Concluse le operazioni di acquisizione in formato digitale, di correzione del colore e di salvataggio in formato non compresso dei file da archiviare, rimaneva da effettuare la stampa del catalogo della mostra, scontrandosi con i problemi che si incontrano solitamente nel corso di questo tipo di operazioni e che vorrei segnalare in breve.
Nelle riproduzioni a stampa di legature, specie se provviste di doratura (ma il problema si presenta anche per i manoscritti miniati), i tipografi tendono spesso ad accentuare i toni del colore, rendendo eccessivamente carica la componete gialla dell’immagine, che finisce così per prevalere sugli altri colori, creando un effetto di pesantezza e di scarsa corrispondenza con il reale. I volumi, anche se prodotti da vari secoli, appaiono come prodotti appena usciti dalla legatoria, con dorature dai toni caldi e squillanti, e la colorazione generale sembra del tutto innaturale. In realtà, invece, la legatura antica presenta spesso un aspetto più sobrio e, talvolta, una doratura abbastanza pallida o quasi inavvertibile, che fa presumere la presenza di argento e piombo nella lega aurea.7 Per evitare questo fenomeno, oltre a raccomandare al tipografo di non caricare troppo i colori, si è scelto di applicare, in sede di ripresa, un leggero filtro mediante il software di acquisizione, così da limitare la presenza invadente di componenti indesiderate.
Le immagini ottenute con tali modalità risultano forse meno appariscenti, ma appaiono nel complesso più simili all'oggetto originale.
Altro problema è rendere visibili gli elementi decorativi delle coperte di colore eccessivamente scuro. Si è dovuto optare in questo caso per uno schiarimento dell’immagine, che consentisse di evidenziare i motivi decorativi, pur senza modificare eccessivamente i toni.
L'ultimo lavoro da effettuare era la predisposizione di una serie di file di servizio, da utilizzare per la consultazione su schermo da parte dell'utente e per il sito web che si prevedeva di realizzare. Per quest'operazione, di non particolare complessità, è stata utilizzata la funzione di ottimizzazione per il web presente in Adobe Photoshop 6.

1 Il lavoro di riproduzione era stato inserito in un nuovo modulo del progetto Di.Re (Digital Recovery), attivato in quegli anni dal settore multimediale della Biblioteca Nazionale Braidense.

2La bibliografia sulla riproduzione in formato digitale di beni librari è ormai vastissima e in continuo accrescimento. Contribuiscono in larga misura allo sviluppo della letteratura sull'argomento i numerosissimi convegni sulle biblioteche digitali che si svolgono in tutto il mondo. Per una bibliografia selettiva, che tiene conto dei maggiori progetti e degli articoli più accreditati, si rimanda pertanto alle indicazioni dei compilatori dello Studio di fattibilità per la realizzazione della Biblioteca Digitale Italiana, consultabile tramite internet, alla pagina http://www.intersistemi.it/studiobdi/. Una bibliografia piuttosto ampia e qualificata si può reperire alla pagina http://palimpsest.stanford.edu/bytopic/imaging/, che rimanda a numerosi articoli fondamentali, liberamente consultabili in rete. Articoli e indicazioni relative alla digitalizzazione nel settore dei beni librari appaiono spesso nel periodico "Biblioteche oggi"; tra gli altri, si può citare l'articolo di P. FALCHETTA, Guida breve alla digitalizzazione in biblioteca, in "Biblioteche oggi", Vol. 18 (2000) , n. 9, p. 52-57. Può ancora essere utile, per quanto datata, la pubblicazione MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI - ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO E LA DOCUMENTAZIONE, Normativa per l'acquisizione digitale delle immagini fotografiche, Roma, ICCD, 1998. Chi volesse avere notizie sulla sperimentazione effettuata negli ultimi anni dalla Biblioteca Nazionale Braidense può far riferimento ai seguenti articoli: G. MURA, Il progetto DI.RE. Verso una nuova fruizione dei beni culturali, in "I*GED", 7 (1998), n. 4, p. 78-79. C. MORANDO, Il progetto Area virtuale, in "I*GED", 7 (1998), n. 4, p. 80-81. G. MURA, Strategie digitali: realizzazione e prospettive del progetto DI.RE., in La gestione del patrimonio culturale. Nuove tecnologie e Beni culturali e ambientali. Atti del IV Colloquio internazionale, Torino 4-8 dicembre 1999, pp. 148-153, Roma, DRI, 2000. G. MURA, Il progetto Di.Re., in "Biblioteche oggi", 18 (2000), n. 4, p. 47. G. MURA, "Del modo di misurare": libri e immagini digitali della Biblioteca Nazionale Braidense, in Dall'uomo al satellite, a cura di Claudia Morando, Milano, Angeli, 2001, p. 273-280. G. MURA, "Adelante con juicio". Digitalizzazione e multimedialità nell'esperienza della Biblioteca Braidense, estratto da "Biblioteche oggi", 19 (2001), n. 1, p. 16-19. G. MURA, Multimedialità: dallo stage didattico ai nuovi servizi, in ", Salerno, 10-14 dicembre 2000, a cura di Maurizio Quagliolo, Roma, DRI, 2001, p. 184-191. G. MURA, Nel labirinto dei metadati, in "Biblioteche oggi", 19 (2001), n. 7, p. 38-42.

3 L'obbligo di conservare di ogni immagine una versione in formato TIFF non compresso conduce alla produzione di un numero spropositato di CD-ROM, che devono essere collocati entro idonei contenitori. L'utilizzo del DVD, anche se il supporto ha una capacità notevolmente superiore a quella del CD, non è in grado comunque di risolvere i problemi di gestione dei supporti in modo soddisfacente. Inoltre, le stesse ditte che forniscono servizi di riproduzione digitale hanno ancora dubbi sull'affidabilità e sulla durata di questi nuovi supporti, che tra l'altro non sono ancora giunti a un livello di standardizzazione che metta al sicuro da possibili veloci mutamenti del mercato.

4Che la riproduzione digitale non conduca ad una diminuzione dell'utilizzo diretto dell'originale, ma che sia invece occasione per la scoperta di nuove risorse è sostenuto da Eleanore Stewart, Il futuro della conservazione libraria nell'informatica?, in "Cabnewsletter, Conservazione negli archivi e nelle biblioteche", nuova serie, 4, n. 3 (maggio-giugno 1999), pp. 2-5.

5Sul progetto Jstor, cioè Journal Storage, ideato da William G. Bowen, Presidente della The Andrew W. Mellon Foundation, e sponsorizzato dalla stessa organizzazione, esiste ormai un'ampia bibliografia, reperibile alla pagina web http://www.jstor.org/about/bibliography.html.

6Le immagini sono consultabili alla pagina http://image.ox.ac.uk/

7 Cfr. F. Macchi, Le legature d'arte del XV e XVI secolo della Biblioteca Nazionale Braidense, in Biblioteca Nazionale Braidense, Arte della legatura a Brera. Storie di libri e biblioteche. Secoli XV e XVI, Cremona, Linograf, 2002, p. 75.